La storia della musica appare come un albero alto, che si sdoppia qui e la', e con alcuni grossi rami che si sono espansi fin che potevano per poi inaridirsi, rimanendo lì a testimoniare una loro lontana fulgida infiorescenza. Uno di questi rami fa capo alla grande chiesa orientale, nata in seno all'Impero Romano d'Oriente, distinta dalla nascente chiesa cristiana romana per l'ortodossia con la quale si avvicinava al culto cristiano.
La storia della liturgia bizantina e ortodossa, che ufficialmente inizia nel 527 d.C. con l'elezione di Giustiniano I a imperatore dell'impero d'Oriente, ufficiosamente ha radici molto più antiche: pesca nell'eredità greca, in quella protocristiana siriaca e palestinese e persino nei modi di intendere la musica che avevano i primi romani. Un'eredità solida, che darà musicalmente molti frutti sebbene un po' tutti uguali e come avverrà, molto sensibili alle influenze più forti con le quali dovrà confrontarsi.
La chiesa d'oriente ebbe come centro la chiesa di Santa Sofia a Costantinopoli, pensata e realizzata sotto la guida di Giustiniano stesso. La chiesa di Santa Sofia divenne modello per tutte le nuove chiese dell'impero d'Oriente, ed ovviamente la musica che vi si faceva fu guida per la liturgia cantata in tutte le terre bizantine.
Fino all'ottavo secolo la musica bizantina si sviluppo in maniera piuttosto analoga a ciò che accadeva nel resto d'Europa, ma con una maggior passione rivolta agli inni, più duttili rispetto alle altre forme di canto liturgico.
Tra il 717 ed il 740 scoppiò la famosa controversia iconoclasta, che pur riguardando le arti figurative, tentò di travolgere nei propri ingranaggi anche la musica. Ma grazie alla naturale sfuggevolezza dell'arte musicale, il tentativo di inscatolarla in regole e paletti, provocò una rivolta dei cosiddetti “innografi” cioè di coloro che elaboravano gli inni, i quali cominciarono a produrre inni ben più elaborati di quanto si facesse precedentemente. E' la solita storia: chi ha provato ad ingabbiare la musica è rimasto quasi sempre ingabbiato!
Però c'era un problema di tradizione, l'unica gabbia dalla quale il canto bizantino od ortodosso non riuscì mai a liberarsi. L'estro innografico doveva obbligatoriamente limitarsi ad elaborare inni preesistenti, collegati all'antica tradizione originaria. Niente musica nuova se non variazioni su temi e schemi già prestabiliti.
Quanto poteva evolversi una tradizione musicale costruita su di un principio così vincolante?
Poco naturalmente.
Ci furono dei momenti di splendore come quello fiorito dopo il 1261, anno in cui Michele Paleologo conquistò Costantinopoli facendosi incoronare direttamente in Santa Sofia.
Insieme ad una rinascita culturale, filosofica e spirituale, crebbe un nuovo impulso musicale che però fu limitato alle “fioriture” apposte ai soliti inni precostituiti.
Poi, dal quattordicesimo secolo, iniziò il declino inesorabile. Gli ecclesiastici bizantini si ritrovarono a dovere insegnare musica ai sopravvenuti dominatori turchi, i quali invece che imparare erano loro a diffondere subdolamente le sonorità della loro musica. Tutto il patrimonio musicale bizantino venne corrotto dalla musica turca.
Persino la chiesa di Santa Sofia venne trasformata da gloriosa sede del culto cristiano ortodosso a moschea turca (come ribadisce la storia turca recente).
Così finì la vicenda del canto bizantino od ortodosso, che ora rimane nelle chiese ortodosse, al di là della funzione liturgica, come simbolo di un patrimonio esistito ma poi soppresso, perché non opportunamente difeso, dalle nuove culture.
Un insegnamento affinché la storia non si ripeta!
Dal prossimo post iniziamo a seguire le vicende della storia della musica occidentale che confluirà nella storia della 'nostra' musica.