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Storia della musica in post: 9 - L'ellenismo

L'altro anello di collegamento, di cui facevo accenno nell'articolo precedente, e che salda il mondo antico al successivo medioevo, è costituito da quel movimento di persone e pensieri che si ebbe da che Alessandro Magno suggellò la fine dell'epopea greca classica, trasformando la Grecia da una terra di filosofi, artisti e di sperimentazioni socio-politiche, a quello straordinario serbatoio di riferimenti universali che è ancora oggi la Grecia Classica. Da dopo Alessandro si aprì l'ellenismo ai capi del quale sta da una parte la grande cultura greca, e dall'altra il crescente impero romano. Cosa ne fu della musica?

Bisogna premettere che dal IV secolo a.c., cioè dall'epoca alessandrina, anche la tradizione musicale prettamente greca subì non pochi cambiamenti. Quella magnifica unione che faceva della mousiké un insieme di poesia, musica è danza, si smontò a favore di un teatro meno musicale, una musica meno poetica e una danza meno teatrale. Questo non solo per un'evoluzione interna dei generi, ma anche per quella progressiva osmosi che durante il periodo ellenistico diventerà vera caratteristica culturale e sociale.

Se c'è una preistoria del "villaggio globale" cioè di una universalizzazione delle culture e dei popoli questa è da ritrovarsi, con le opportune proporzioni, proprio nel periodo ellenistico. Gli uomini, gli intellettuali, gli artisti ed i commercianti viaggiano in lungo ed in largo in tutto quel bacino culturale che va dalla culla mesopotamica fino a Roma e anche più a nord. C'è scambio di merci, usi e costumi, ma anche di cultura, di idee, ideali, culti e perciò anche di arte. La musica diviene una sorta di lingua universale, ruolo che ha sempre avuto dalle antichità fino ad oggi. Mentre compie il suo ruolo si modella per accogliere le diverse tradizioni musicali, mantenendo alcuni tratti caratteristici autonomi ma contemporaneamente uniformandosi per altri tratti.

Pare che questa esigenza di "esportare" il proprio patrimonio musicale spinse alcuni musicisti ad escogitare sistemi di notazione, ma nulla ci è rimasto e così, ancora una volta, possiamo solo immaginare come fosse la musica di quel periodo.
Inoltre accade che la storia non ci tramandi alcuna figura particolarmente emergente, nessun musicista più prolifico di altri, nessun compositore famoso. E' il segno che in questo periodo non è il "nuovo" che fa la storia della musica, ma lo scambio, la conoscenza dei diversi modi di far musica e di usare la musica stessa.

Anche in ambito prettamente "romano" cioè laddove l'impero di Roma diventa protagonista della scena storica, la musica ebbe sicuramente un ruolo importante, ma senza che davvero si possano identificare nuove caratteristiche, originali e inedite peculiarità.
Nel periodo romano la musica torna prepotentemente a teatro ma siccome il teatro romano era in definitiva una eredità ottenuta dal teatro greco, la musica vi svolgeva un ruolo pressoché uguale, con meno cori e con una maggior presenza di strumenti a fiato.
Se al 'teatro classico' succede la 'commedia in latino' la "solfa" cambia poco, se non in una progressiva austerità delle parti musicali.

Ma nel 146 a.c. Roma conquistò l'intera Grecia, e il baricentro culturale divenne indiscutibilmente Roma stessa, e lì confluirono musicisti ed artisti di ogni genere. Commedie, tragedie, musica popolare e religiosa (legata ai culti politeistici) diventarono il "sale" dell'antica Roma pur senza particolari eccellenze. Nacque il virtuosismo musicale, questo sì, che però rimasticava il già sentito. Della musica fanno uso mimi, satiri e comici. La musica era eterogenea, inquinata dalle molteplici culture, e priva di una sua propria personalità, nonostante gli sforzi di alcuni teorici. Si istituirono persino delle competizioni musicali, inaugurando quella accezione agonistica che qui e là ritroveremo spesso nella storia della musica.

Non era da lì che si sarebbe evoluta la cultura musicale medievale. Grandi cose stavano maturando a sud del mediterraneo, in Palestina, in Siria, laddove insomma il più potente culto religioso che gli uomini avessero conosciuto stava ampliando la sua portata.
La cristianità, che bussò alla porta dell'impero romano attorno I-II secolo d.c. portandosi dietro la Bibbia con tutto il repertorio musicale annesso, costituirà un muro divisorio fra la cultura antica e quella medievale.

Dall'editto di Costantino nel 313 che concesse libertà di culto ai cristiani la musica divenne elemento centrale della liturgia cristiana. Con la successiva caduta dell'Impero romano d'Occidente, tutta la tradizione musicale classica scomparve con l'eccezione della musica liturgica che si conservò fra le mura delle chiese.

Più o meno da qui ripartirò nel prossimo articolo

Gremus

Gremus
La passione per la Grande Musica,
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