Volendo si potrebbero trattare le due civiltà, quella Mesopotamica e quella Egiziana, in due articoli separati. Volendo si potrebbe addirittura dedicare più di un articolo ad ognuna di loro dato che perdurarono per più di tremila anni ciascuna, e tremila anni sono tanti. Ma, trattando del "far musica" sarebbe inutile e forse esagerato e lo sarebbe per due ragioni.
Innanzi tutto il modo di intendere la musica fra queste due civiltà fu molto simile. Per ambedue la musica aveva una funzione principalmente religiosa. La si faceva nel tempio o nella reggia e siccome la reggia era la residenza del Re / Faraone / semi-dio, la differenza era solo formale.
C’era anche una espressione profana della musica ma pure questa era molto legata a quella religiosa.
La seconda ragione riguarda le testimonianze musicali. In verità - e potrei quasi essere imbarazzato a confessarlo - non ci è pervenuto il minimo documento musicale utile alla ricostruzione della tradizione musicale delle due civiltà: in pratica non abbiamo alcun elemento per farci un’idea di come risultasse la loro musica.
Abbiamo a disposizione soltanto alcune testimonianze iconografiche - rilievi, ceramiche dipinte, papiri disegnati - alcuni testi e qualche reperto di strumenti musicali. Niente altro. Perciò il lavoro dello storico della musica antica è caratterizzato da poche certezze: è il regno delle ipotesi. Sono tuttavia ipotesi molto solide e totalmente affidabili.
Non è semplice stabilire i limiti temporali di queste due civiltà. Per ambedue gli studiosi hanno rinvenuto testimonianze concrete non anteriori al V° millennio a.c. Ma ciò non significa che prima non vi fosse una certa tradizione musicale più o meno affermata.
Nel IV millennio a.c. la vita musicale appare così solida da far immaginare un'origine davvero molto antica. Del resto è probabile che Hoss (Homo sapiens sapiens) e i suoi discendenti girovagassero in quelle zone già da diversi millenni.
Studiando le raffigurazioni sui rilievi mesopotamici si evince la funzione della musica durante le celebrazioni religiose nel tempio, ma anche durante i riti festivi, le ricorrenze, i festeggiamenti dopo una guerra vittoriosa. In più c’era un legame fluido fra i riti funebri e le lamentazioni musicali, che trovava ragione nel carattere spirituale e metafisico che si attribuiva ai suoni.
E' probabile che la musica avesse anche un ruolo educativo dato che, sempre dalle raffigurazioni iconografiche, risultano raffigurate orchestre e cori di donne e bambini.
In Egitto le cose stavano in maniera simile e lo si scopre dagli scritti degli studiosi greci. Il tempio era il centro musicale per eccellenza, la scuola di musica, il nucleo di conservazione della tradizione musicale, la sede dei musicisti professionisti. Era una necessità il fatto che un luogo preciso fungesse da ombelico della memoria e delle attività musicali: mancando il mezzo scritto per perpetuare le conoscenze musicali, tutto era affidato all’opera di trasmissione dal vivo tra maestri ed allievi, tra sacerdoti musicisti e novizi.
La musica del tempio, ma anche quella fatta nei ricchi palazzi o nelle strade era considerata espressione di gioia, persino quando aveva una funzione funebre, similmente a ciò che accade ancora oggi nelle comunità nere d'America. La musica accompagnava i defunti con gioia, lontana da quella concezione attonita e spaventata che avrebbe caratterizzato la musica cristiana più vicina a noi. E a pensarci bene la faccenda non è priva di contraddizioni, considerando il culto finalistico proprio della teologia cristiana, soprattutto cattolica. Ma su questo argomento avrò modo di tornare nei prossimi articoli.
Apparentemente nulla di tutto ciò è giunto fino a noi; tuttavia se consideriamo la musica come un flusso continuo da Hoss (Homo sapiens sapiens) fino a Sting (rocker dei nostri giorni) è possibile che qualche goccia della tradizione mesopotamica od egizia sia rinvenibile nella musica via via più vicina a noi.
Sia per i mesopotamici che per gli egizi la musica possedeva connotazioni magiche, sovrannaturali, capaci di far vibrare i suoni in armonia con l’universo, in grado perciò di imitarne il funzionamento. Lo so che con questa frase ho detto tutto e nulla insieme ma ciò che pensavano della musica questi antichi era proprio questo: la musica era capace di riassumere in se tutte le magie dell’universo, essendo diffusa nell’aria e nel cosmo e perciò capace di espandersi all’infinito.
Nelle tombe dei Re e dei Faraoni venivano posti degli strumenti musicali per permettere ai defunti di far risuonare la propria anima all’infinito. Furono ritrovate arpe, sistri, flauti, oboi, trombe, corni, lire, liuti e quantità di percussioni. Le arpe, le percussioni e i flauti erano diffusi sin dagli inizi di queste civiltà; le trombe metalliche, i liuti o i corni appartenevano invece alle fasi più avanzate.
Alla sepoltura del faraone si facevano partecipare, come fedeli compagni di viaggio nell’aldilà, anche i più intimi del faraone stesso cosicché, probabilmente, qualche musicista finì all’altro mondo prima del tempo. Del resto i musicisti appartenevano ad una classe sociale molto elevata, quasi prossima a quella sacerdotale: la maggior parte dei musici era costituita da sacerdoti appunto.
E possiamo immaginare l’invidia degli altri artisti, i pittori, gli scultori o i vasai che periodicamente cadevano tra le fasce più basse della società. Ma mentre questi ultimi erano sottoposti alle leggi del mercato dell’artigianato, la musica né si vendeva né si comprava; La musica era sacra, c’era e basta!
La posizione di privilegio che godevano musica e musicisti avrebbe in futuro comportato qualche effetto negativo sulla libertà di espressione musicale, ma soprattutto sulla professionalità del musicista: chi opera in un mercato può dire a buon grado di svolgere una professione. Chi invece opera al di fuori di qualunque mercato può venir spesso confuso per un "missionario", un sacerdote della musica che, pertanto, sfugge a qualunque legge di mercato.
E' uno status, quello del musicista, che ha concesso periodi alterni di fortuna e sfortuna ai professionisti della musica. Già nella civiltà greca le sorti dei musici cambiano: sarà l'argomento del prossimo post.