Il Crepuscolo degli dei chiude il Ring Wagneriano sebbene lasci aperte molte interpretazione, ragionamenti, persino speculazioni.
Di tutto il Ring il Crepuscolo degli dei, è la parte meno suggestiva! E' come se improvvisamente il filo che reggeva in tensione tutta l'architettura si spezzi, e tutto diventa più banale. La sequenza degli accadimenti risulta forzata. Dalla situazione idilliaca fra Brunilde e Sigfrido, ereditata dalla precedente opera Sigfrido, tutto rotola verso la tragedia finale.
L'opera si apre con le tre Norne intente a tessere il filo d'oro rappresentante il destino degli dèi. Destino che noi già conosciamo perché lo stesso Wotan, il primo fra gli dèi, aveva annunciato ad Erda, la dea profetessa della terra, quale fosse la sua insindacabile intenzione: portare all'annientamento il Valhalla, con tutti i suoi dèi ed eroi dentro. Le Norne, quando fra le loro mani il filo del destino divino si spezzerà, otterranno solo un segnale di conferma di quanto predetto da Wotan.
Questi ricorsi, come già detto, servono agli spettatori come riepilogo dell'accaduto nelle giornate precedenti.
Il destino degli dèi è segnato. Per cui la storia del Crepuscolo degli dèi parte dall'assunto aprioristico che gli dèi siano già al crepuscolo, e nulla riuscirà a modificare questo destino. Il Crepuscolo degli dèi è una storia di uomini e maligni, più di uomini che di maligni. La storia si sposta dal mondo divino degli dei, e semidivino di Brunilde e Sigfrido, a quello umano. Wagner probabilmente intendeva sottolineare quanto il mondo umano sia comunque più pasticciato di quello, comunque corrotto, dei divini.
Uscite di scena le Norne compaiono Brunilde e Sigfrido, raggianti per il loro reciproco amore. Sigfrido indossa l'anello d'oro, ma è immune dalla maledizione che esso comporta perché "ama". E' bene non dimenticare il presupposto posto all'inizio dell'Oro del Reno. Per impadronirsi dell'oro Alberich fu costretto a maledire l'amore, quello affettivo e compassionevole, e chiunque invece ami di quell'amore è immune dalla maledizione dell'anello. Sigfrido, che ama Brunilde, può portare l'anello senza rischio. Tanto che l'eroe offre a Brunilde proprio qull'anello come pegno d'amore. Egli in cambio riceve il cavallo Grane, un tempo fido alleato della valchiria Brunilde.
Anche per Brunilde l'anello non porterà sventura, perché pure lei ama. Con la luce dell'amore negli occhi Sigfrido saluta Brunilde mentre parte per fare il suo lavoro: l'eroe.
Il quadro cambia (a dire il vero il primo atto inizia qui, dopo il prologo) e sulla scena vediamo un po' di gente nuova, tanto che all'inizio si fa un po' a fatica a capire chi siano e cosa c'entrino nella vicenda. Poco alla volta comprendiamo di trovarci presso il regno dei Ghibicunghi.
Da qui in poi Wagner attinge a piene mani alla prima parte del Nibelungenlied, sebbene rimescoli le figure dei personaggi per renderle più funzionali al suo racconto.
Sulla scena troviamo Gunther, Gutruna ed Hagen. Gunther e Gutruna sono figlio e figlia di Ghibich e Krimilde, personaggi centrali del Nibelungenlied ma assenti dalla storia wagneriana. Hagen è invece figlio del nibelungo Alberich - il nano che nell'Oro del Reno trafugò l'oro a danno delle Ondine - e di Krimilde: è un figlio ottenuto con la violenza. Hagen perciò è fratellastro di Gunther e Gutruna.
Hagen si allea con il padre Alberich per riottenere il possesso dell'anello d'oro, che da' potenza sull'intero mondo. Hagen è il cattivo di tutta questa storia. Sfrutterà la buona fede dei fratellastri Gunther e Gutruna per costruire la sua trappola. Nella sua trappola deve cadere l'eroe Sigfrido, l'unico attraverso il quale può ottenere l'anello.
Hagen convince il fratello Gunther che la bella Brunilde possa essere corteggiata e conquistata. Non gli dice che Brunilde è già sposa di Sigfrido, però gli spiega che raggiungere Brunilde è difficile a causa della cortina di fuoco che continua a cingere l'ex valchiria.
"Come posso fare? chiede allora Gunther. "Lo farà per te un tal Sigfrido! risponde Hagen. Il piano di Hagen è ben studiato: inviterà Sigfrido, per poi porgli una pozione magica capace di fargli dimenticare il recente passato e che, già che c'è, lo faccia innamorare della sorellastra Gutruna.
I filtri magici sono l'ingrediente preferito di tutti gli operisti ottocenteschi. Wagner ne aveva appena preparato uno per Tristano ed Isotta. Per sfruttare l'attrezzeria ha deciso di usarne un altro per Sigfrido.
Sigfrido giunge, e Hagen riesce a fargli ingurgitare la pozione magica. Da qui in poi è tutto un guazzabuglio di patti di sangue e promesse al calice di vino. Sigfrido, come da progetto, chiede in sposa Gutruna ad Hagen, ed Hagen gli concede la mano della sorellastra a patto che poi lui si presti a conquistare Brunilde a favore di Gunther.
Cambio di quadro. Brunilde riceve una visita: è la sorella Valchiria, Waltraute.
Waltraute le racconta di quale situazione tragica si stia prospettando per gli dèi. Le dice che l'unica via di salvezza è che Brunilde consegni alle figlie del Reno l'anello d'oro. Ma Brunilde rifiuta, e rifiuta perché non riesce più ad intendere le parole di Waltraute. A dire il vero l'una non riesce a capire le parole dell'altra: parlano linguaggi diversi. Brunilde non capisce come l'anello, che gli è stato dato come pegno d'amore da Sigfrido, possa salvare gli dèi, mentre i divini dovrebbero essere protetti dal fatto stesso di essere dèi. Brunilde è ormai umana, e non comprende il disegno.
Waltraute, dall'altra parte, non comprende il linguaggio d'amore di Brunilde, amore umano. Waltraute è l'ultima emissaria del mondo degli dèi, ma arriva fuori tempo massimo. Fra dèi ed umani il solco è segnato ed incolmabile. Ognuno deve fare per sé. Waltraute se ne va sgomenta.
Quasi contemporaneamente giunge Sigfrido, il quale però non ha le sembianze di Sigfrido. Ricordate l'elmo magico capace di trasformare il possessore in qualunque altra figura? Sigfrido si presenta come se fosse Gunther. E quando Brunilde vede giungere uno sconosciuto, capace di superare le barriere di fuoco, se la prende con Wotan, il quale le aveva garantito che solo l'eroe, Sigfrido avrebbe potuto accedere alla rupe.
Sigfrido travestito da Gunther strappa l'anello a Brunilde e la tira con sé in una grotta. E attende il passare della notte.
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Il secondo atto inizia con un colloquio fra Alberich ed il figlio Hagen. La necessità di dover riepilogare il passato a favore degli spettatori fa perdere un po' di tensione alla vicenda. Il punto per i due è recuperare l'anello. Sigfrido torna è dopo di lui arrivano Brunilde insieme a Gunther, questa volta in persona.
Tutto è pronto per le nuove nozze ma, come colpo di scena, Brunilde si ritrova faccia a faccia con Sigfrido, il quale, va ricordato, è sempre sotto effetto della pozione. Brunilde vede al dito di Sigfrido l'anello, e da quel momento l'odio prende il posto l'amore. Sigfrido non capisce e nega. Arriva addirittura a giurare sulla spada di Hagen di non aver mai toccato Brunilde. Ma ormai l'amore vero, quello che protegge dalla maledizione dell'anello d'oro, è stato superato dal male, dagli artifici, dagli odi malefici.
Brunilde si mette d'accordo con Hagen e Gunther per tendere un tranello mortale a Sigfrido. Ella stessa svelerà ad Hagen qual'è il punto debole di Sigfrido: la schiena.
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L'atto terzo si apre con le ondine del Reno che cercano ancora una volta di farsi restituire l'anello da Sigfrido, il quale però, a causa del filtro, non è più quell'amoroso eroe dedito al compito di salvare tutto, dèi umani e quant'altro. Sigfrido non è padrone delle sue azioni.
Giungono Hagen, Gunther e un po' di altri vassalli, tutti convinti di partecipare ad una battuta di caccia al cinghiale. Dopo la caccia Sigfrido si riposa raccontando del suo passato. Quando la memoria non arriva a rievocare oltre, il malefico Hagen gli porge un altro filtro che questa volta la memoria gliela fa tornare. Sigfrido allora rammenta tutto, di Brunilde, dell'amore, ma non fa in tempo a domandarsi cosa sia accaduto che Hagen gli infila la spada nella schiena. Verdi ci avrebbe fatto un atto intero: Wagner risolve tutto in 3 minuti: ma dopo quattordici ore di antecedenti.
Sembra un'ironia dissacrante ma la verità è che la primissima idea generatrice della tetralogia venuta in mente a Wagner fu proprio la morte di Sigfrido. E tutti sono curiosi di assistere alla morte di Sigfrido come fosse l'Everest della musica wagneriana. E tutti rimangono delusi nel trovarci solo una collinetta al confronto di altre pagine del Ring infinitamente più intense.
Da qui in poi tutto rotola verso l'ineluttabile. Brunilde si accorge di aver favorito la morte del suo Sigfrido, innocente. Decide allora di morire con lui in un rogo accanto al Reno. Hagen cerca di togliere dal dito di Sigfrido l'anello, ma il braccio di Sigfrido, ormai morto, si alza magicamente ed impedisce il furto. Brunilde sfila l'anello a Sigfrido: ella porterà il malefico gingillo con se nel rogo. Gutruna è sconvolta; Gunther accusa Hagen; Hagen non va per il sottile e lo uccide.
Intanto Brunilde accende il rogo ed insieme al corpo di Sigfrido, all'anello e al suo cavallo Grane, si immola fra le fiamme. Hagen tenta ancora una volta di prendere l'anello ma in quel momento le acque del Reno si alzano improvvisamente e tirano dentro tutto, rogo, Sigfrido, Brunilde, Anello, cavallo e Hagen.
Da lontano si scorge il Valhalla, con tutti gli dèi dentro, avvolto dalle fiamme. E' la fine. O l'inizio?
La domanda cruciale è questa. Ora che gli dèi sono annientati e l'oro ha cessato di sconquassare tutto, cosa ne sarà degli uomini, gli umani?