Uno dei luoghi comuni più perniciosi, per artisti e musicisti, è quello che vorrebbe il pubblico disinteressato alla cultura, alla musica, al teatro ed allo spettacolo in genere.
Se ciò fosse vero noi vivremmo in un epoca ben strana, un epoca nella quale le persone spendono quattrini per lettori cd o dvd, per parabole satellitari, per computers, per i-pod, per gingilli digitali di tutti i tipi, ma senza che vi sia interesse su ciò che questi congegni in definitiva producono: musica, cinema, spettacoli, informazione, cultura e via dicendo.Siamo proprio sicuri che le cose stiano così?
Ad una osservazione più accurata ci si rende conto che la prospettiva è diversa: le persone dedicano molto tempo allo svago ed alla cultura pur riempiendo questo tempo con contenuti che taluni giudicano di ‘basso tenore culturale’. In poche parole l’interesse, il bisogno di cultura e spettacolo c’è, ma trova soddisfazione in proposte di più facile fruizione, meno impegnative e più divertenti.
Iniziamo a notare subito, nella nostra analisi, che a parte il grado di impegno, la facilità di fruizione e il tasso di divertimento sono qualità e non difetti nel portare la cultura. Lo notiamo per riparlarne in futuro.
Bisogno di cultura
Rimaniamo ora sul punto 'bisogno di cultura'. Un bisogno nasce quando qualcosa di necessario per la sopravvivenza viene a mancare: alimentarsi è un bisogno, dormire è un bisogno, riempire il tempo di veglia con attività varie è un bisogno.
Immaginatevi in una piccola isola deserta, ma con una riserva di cibo per dieci anni. L’isola è talmente piccola e brulla da non offrire nulla di interessante. Scommettiamo che il terzo giorno barattereste metà del cibo giornaliero per un libro o una radio? Se la corrente marina vi portasse come unico libro la “Critica alla ragion pura” di Kant, dopo un primo momento di titubanza vi mettereste di certo a leggerlo. E alla fine vi piacerebbe pure!
I bisogni sono irrinunciabili
Riguardano il cibo, il vestirsi, ma anche il senso di appartenenza, la necessità di essere stimati, le relazioni sociali, il riempire la vita e il darne un senso.
I bisogni sono tuttavia al primo stadio dei comportamenti umani. Ai bisogni rispondono, sullo stadio successivo, i desideri.
I desideri
Io ho fame (bisogno); desidero una pizza (desiderio), oppure una pastasciutta oppure una mela. Come si vede ad un bisogno rispondono più desideri. La fame è sempre fame mentre il modo di soddisfarla cambia da persona a persona e da momento a momento: a colazione un cappuccino con brioche, a pranzo un frutto, a cena una pastasciutta; per altri invece il frutto è a colazione ed il cappuccino a mezzogiorno.
Il bisogno di riempire il tempo libero si esprime anch’esso con diversi desideri: fare ginnastica, vedere la televisione, leggere un libro, ascoltare musica, navigare su internet, viaggiare ecc. ecc.
I desideri sono strettamente legati ai tempi, alle età delle persone, al sesso, al luogo dove si manifestano. Inoltre i desideri, a differenza dei bisogni, sono fortemente condizionabili dall’esterno.
Se, mentre avete fame, vedete una persona mangiarsi di gusto un panino, ci sarà la possibilità che vogliate soddisfare anche voi la vostra fame con un panino, dello stesso tipo: e quel panino vi piacerà!
Orientare i desideri
Su quest’ultimo comportamento umano si basa la pubblicità. La pubblicità orienta i desideri e non i bisogni. Nessun pubblicitario, nel momento in cui studia una campagna promozionale per un nuovo prodotto, ragionerebbe in termini di “creazione di un bisogno”. Il pubblicitario opera a livello di desideri, cerca di orientare il pubblico nel soddisfare un bisogno specifico attraverso il desiderio del suo prodotto. Questo significa conoscere a fondo in quale altro modo il pubblico fino a quel momento ha soddisfatto il suo bisogno; quali potrebbero essere le chiavi per indurre il pubblico a dirottare l’interesse e il desiderio verso il proprio prodotto (prezzo, qualità, facilità di acquisto, e moltissimi altri fattori che vedremo).
Cambiano i tempi cambiano i desideri
I desideri sono poi condizionati dai tempi: per un uomo dell’ottocento andare all’opera era come per noi andare al cinema o allo stadio. L’opera era il massimo dello spettacolo e per alcuni era addirittura giudicato un modo frivolo di passare il tempo: la letteratura od il teatro erano ‘cultura’, l’opera era ‘divertimento’. Cambiano i tempi e cambiano i protagonisti. Oggi l’opera è considerata altamente culturale, mentre un concerto rock è divertimento.
Tirando una somma
Tirando una prima somma da questo ragionamento la cosa importante da sottolineare è che dall’osservazione dei comportamenti del pubblico, delle sue scelte, del modo in cui risponde ai bisogni e attraverso quali desideri, dipende il successo nella propria professione.
Il pubblico non è disinteressato alla cultura ma è soltanto orientato a soddisfarla attraverso desideri diversi e talvolta lontani dai prodotto di un artista o dell’altro. I desideri non possono essere ribaltati a suon di slogan e nemmeno contestati con posizioni ‘bohemien’ cioè opponendosi alla realtà e rifugiandosi in piccoli salotti, fra pochi intimi.
Un artista che risponde al proprio bisogno di riconoscimento sociale e che desidera soddisfare questo bisogno portando la propria arte al pubblico deve ‘incontrare’ il proprio pubblico, andargli incontro, e per incontrarlo deve conoscerlo a fondo.
L’artista deve essere cosciente che alcuni desideri sono ormai entrati ‘nella pelle’ del pubblico: il desiderio di assistere a spettacoli intensi, vari, multimediali, multiculturali, divertenti, dove anche le cose difficili (il desiderio di conoscere cose difficili è diffuso) vengano poste in maniera semplice.
L’artista, nel momento in cui vende la propria arte, deve comportarsi come se fosse un pubblicitario: studiare il pubblico di riferimento e proporsi in modo tale da indurre il desiderio di assistere alla propria performance piuttosto che altro.
Come già detto nel precedente articolo, il pubblico è l’ultimo che si incontra nella catena di vendita: prima c’è l’organizzatore o l’acquirente. Il modo di rapportarsi con esso è identico: anche l’organizzatore risponde al bisogno di identificazione attraverso il soddisfacimento di alcuni desideri.
Il bisogno di cultura c’è; sul modo di capire ed orientare i desideri si gioca l’intera partita!