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Dirigere una banda

Dirigere una banda è del tutto simile a dirigere un'orchestra sinfonica, a parte la differenza del trovarsi davanti soltanto strumentisti a fiato. La banda ha una tradizione antica e nobile e nelle bande di paese sono cresciuti alcuni dei più prestigiosi musicisti degli ultimi due secoli.
Anche dirigere una banda è nobile ed impegnativo e a capo delle bande dovrebbero trovarsi musicisti preparati e consapevoli del loro ruolo carismatico.

Purtroppo accade sovente che a dirigere complessi bandistici, anche prestigiosi, capitino delle figure inadeguate; ma forse questo è un problema comune a molte situazioni professionali.

La prima cosa che un direttore di banda deve capire è che uno strumentista a fiato non ha la stessa autonomia media (capacità di suonare per più ore senza sosta), di un violinista. Un bassotubista, un trombonista, od anche un trombettista, difficilmente può reggere due ore di prove senza sosta. Soffiare a tutta forza dentro un tubo metallico comporta uno sforzo fisico non indifferente.
Questa circostanza deve obbligare il direttore ad affrontare le prove con un programma di lavoro ed una organizzazione maggiore di quella necessaria ad un direttore d'orchestra.

Non si può richiedere ad un trombettista di rifare cinque volte un passo "impiccato" per migliorare il sincrono fra clarinetti e sassofoni. In casi come questi è necessario avere l'avvertenza di dire al trombettista di attendere, per unirsi all'insieme solo alla fine.
Tutti gli strumentisti che suonano gli ottoni devono essere tutelati affinché non arrivino alla fine della prova distrutti.

Questo è valido per gli strumentisti professionisti: figuriamoci per i dilettanti che tirano fuori lo strumento una volta la settimana, solo per la prova.
In banda le prove a sezioni sono estremamente utili perché permettono di approfondire l'accuratezza di un passo senza logorare la resistenza di tutti gli altri strumentisti che non sono coinvolti con parti determinanti in quel passo stesso.

Gli strumentini (flauti, oboi, clarinetti, fagotti, sassofoni) e le percussioni hanno meno problemi in questo senso, benché ne abbiano altri più collegati alle difficoltà tecniche della loro parte.

I clarinetti hanno ancora un ruolo decisivo, anche se ridimensionato rispetto a quello che godevano nelle vecchie bande impostate alla "Vessella", cioè con file di clarinetti che si perdevano all'orizzonte. Sebbene organizzare una piccola fila di clarinetti sia comodo, è peraltro vero che con pochi strumenti le "magagne" risultano più evidenti.
Nelle bande di professionisti il problema non si pone, ma nelle bande di dilettanti spesso si inciampa nell'errore di mettere tutti i più bravi a fare i primi clarinetti, lasciando i medi nei secondi ed i più scarsi nei terzi (quando sono previsti).

Riconosco che è difficile dire ad un ragazzo quasi diplomato di andare a "tirare" i terzi clarinetti, ma purtroppo la cosa più saggia da farsi è distribuire equamente gli strumentisti più in gamba fra tutte le parti, due o tre che siano. Ogni parte deve avere almeno uno strumentista che sappia tirare la fila. Altrimenti si rischia di avere una ottima fila di primi clarinetti e i secondi (e terzi) inesistenti, o peggio "scombinanti".

Un aspetto importante ma regolarmente trascurato è quello della disposizione. Sebbene il fine del lavoro di una banda sia quello di presentarsi in pubblico, l'organizzazione del complesso, affinché il pubblico sia posto nella migliore condizione di ascolto, è ritenuta una attenzione trascurabile.
D'accordo, riconosco che mettersi a fare disquisizioni sulla disposizione degli strumentisti in un bandina di paese sia oltremodo lezioso. Ma la cosa strana è che anche nelle bande di professionisti o semiprofessionisti, persino in quelle che si ritrovano in sala di registrazione, la disposizione dei diversi strumenti nel panorama sonoro non è minimamente considerata. Si decide che più o meno i clarinetti vanno lì perché ce ne stanno di più, le trombe là, i flauti davanti e buona notte ai suonatori.

In realtà moltissime esecuzioni e registrazioni potrebbero risultare di tutt'altro spessore se solo la disposizione degli strumenti fosse ponderata seguendo i minimi principi di emissione acustica di ogni strumento.
Si consideri il flauto ad esempio. L'irradiazione sonora del flauto è suddivisa fra l'imboccatura e l'ultimo foro aperto del tubo. Mediamente, perciò, il flauto è ben percettibile solo se posto di fronte all'uditorio (come avviene nelle orchestre sinfoniche) oppure, al massimo, leggermente spostato sulla sinistra (dalla prospettiva del direttore), ma mai sulla destra. Il flauto, fra l'altro, tende ad essere debole rispetto alla fila di clarinetti ed agli ottoni, per cui è necessario prestare molta attenzione alla sua disposizione.

Tutti gli strumentini isolati (flauti e oboi) vanno posti frontalmente perché devono rispondere con le loro sonorità solitarie alle grandi sonorità di sezioni ed ottoni.
I corni, per la loro sonorità molto ampia andrebbero posti sempre di 3 quarti, o a destra o a sinistra, mai sui lati (parliamo di banda e non di brass-band).
I sassofoni vanno raggruppati molto vicini e dalla parte opposta rispetto ai clarinetti, affinché il complesso sia equilibrato polifonicamente.

Le trombe non andrebbero mai messe direttamente con le campane di fronte all'uditorio, perché tendono ad avere una forza sonora (derivante anche dalla composizione degli armonici) molto irruenta. Se le trombe sono poste di 3 quarti (dalla parte opposta ai corni) ne guadagnano anche in accuratezza timbrica e morbidezza.

Queste sono alcune raccomandazioni generali, poi vi sono casi in cui, per il tipo di organico, per il tipo di repertorio o per altre necessità, si può valutare una disposizione alternativa.

A questo punto però pongo un'avvertenza: se siete un direttore stabile, che ha un certo rapporto con gli strumentisti, potete tentare di adottare queste misure importanti. Ma se siete un direttore ospite, magari di un'orchestra di professionisti o semiprofessionisti, non pensateci nemmeno: il minino che vi può capitare è sollevare una protesta sindacale! Perciò beccatevi la disposizione che trovate!

Nelle bande amatoriali, ed anche in qualcuna professionale, vi capiterà di fare qualche prova senza alcune parti importanti. In questo caso adottate il seguente comportamento.
Primo non date segni di nervosismo, tanto qualunque protesta voi facciate non serve a nulla. Nelle bande amatoriali se uno strumentista ha un impegno (magari la finale di coppa in tv) ha il diritto di bidonare la prova. Scegliere bene il giorno di prova è fondamentale per ridurre il fenomeno (il martedì è sempre il migliore).

Secondo: non chiedete ad altri strumentisti di fare il sostituto a meno che non siate sicuri che il sostituto sappia affrontare la parte. Uno strumentista che legge a prima vista "ciccando" una nota su tre vi sballerà tutta la prova, perciò tanto vale non avere la parte.

Terzo: imparate a fare come fanno i direttori d'opera quando affrontano le prove d'orchestra senza cantanti. Un bravo direttore d'opera è in grado di accennare alla parte dei cantanti per offrire i giusti riferimenti all'orchestra. Perciò, voi direttori di banda che affrontate la prova dopo aver studiato la partitura, sarete in grado di accennare cantando alla parte mancante, laddove è importante per lo studio dell'insieme. Con un poco di esercizio ci si accorgerà presto che è la soluzione migliore.

Quando vi ponete davanti ad un complesso di amatori ricordate sempre che si riuniscono per divertirsi, e non per contratto. Esiste certamente una regola di rispetto che dovrebbe indurre tutti i componenti a presentarsi alle prove ed ai concerti, ma nessuno può imporre un codice contrattuale agli amatori.

Ciò significa che anche nell'atteggiamento, il direttore di bande amatoriali dovrà essere più accondiscendente rispetto ai fortunati che affrontano complessi professionali. L'entusiasmo dovrà trapelare anche quando le cose vanno maluccio. Se proprio un brano non vuole funzionare come dovrebbe, forse è il caso di sostituirlo con un altro, aspettando che il tempo permetta al primo di maturare sotto le dita degli strumentisti.

Dirigendo un complesso amatoriale vi capiterà di avere lunghi spazi di tempo per montare un programma. In questi casi dovrete avere una abilità speciale per riuscire ad organizzare la maturazione del programma con efficienza.
L'esperienza fa molto, tuttavia consiglio di cominciare a provare i brani più difficili a "piccole dosi", lasciando invece il lavoro più importante non troppo lontano dal concerto.
Mai costruire un programma interamente nuovo ma aggiungere pochi brani inediti ad un repertorio già stabilizzato.

Quando cominciate a lavorare un brano, e questo dopo alcune prove è già a buon punto, abbandonatelo per un po', per poi riprenderlo qualche volta e rifinirlo poco prima del concerto.
Nelle orchestre non è vero che la ripetizione giova. Gioverebbe se la concentrazione degli orchestrali fosse sempre al massimo, ma questo è umanamente difficile finché non c'è l'obbiettivo del concerto dietro l'angolo. Per cui organizzatevi per provare il giusto necessario, senza esagerare.

Se invece avete poco tempo e poche prove dovrete adottare le tecniche di concertazione dei direttori d'orchestra. A queste tecniche dedicherò alcuni prossimi articoli.

Cosa che farò anche per il repertorio, la cui scelta è spesso compito del direttore di banda.

Gremus

Gremus
La passione per la Grande Musica,
online dal 2007.