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Lohengrin, il quasi eroe.

Lohengrin , nel poema di Wolfram von Eschenbach, è figlio di Parzival e della sua adorata moglie Condwîramurs. Dal padre Parzival, Lohengrin eredita il privilegio di essere Cavaliere del Santo Graal.

Lohengrin, che nel poema di von Eschenbach risulta una figura di secondo piano, viene portato da Wagner al centro della scena, protagonista di un'esistenza altrettanto errante e sofferente rispetto a quella del padre.

Parzival, al termine delle sue peregrinazioni, trova Monsalvato e il Graal, l'onore della tavola arturiana e l'amore perenne della moglie Condwîramurs. Lohengrin cercherà invece di portare la luce del Graal fra gli uomini.

A questo punto è bene precisare che da qui in poi mi riferirò al Lohengrin wagneriano, il quale nasce come un mix fra diverse fonti: l'antica epopea wolframiana che ho già introdotto; la tradizione anonima che racconta le vicende di Lohengrin; la vicenda storica legata alle sorti del ducato di Brabante ( nella tradizione anonima Lohengrin è destinato a regnarvi); infine la storia artistica di Richard Wagner, che non ha esitato a identificarsi qui e la' con lo stesso Lohengrin.

Per introdursi nel Lohengrin wagneriano la cosa migliore è affrontare subito il dramma, soffermadosi qui e là per qualche riflessione.

La vicenda

Atto I

La vicenda si svolge interamente nel Ducato del Brabante, ai tempi del regno di Re Enrico I l'Uccellatore (tra il 919 e il 936).
Il Ducato del Brabante fu annesso alla Germania proprio durante il regno di Enrico I, ciononostante fu costantemente al centro di tensioni provenienti sia da est che da ovest.

La scena si apre con Re Enrico, che informa e rassicura la popolazione del Ducato sulle pressioni provenienti dagli Ungari.
Il Re rimane sorpreso nel constatare che il Ducato è senza una guida (il duca è morto da tempo) e permeato da un clima di ansia generale.

Convoca dunque il conte Federico di Telramund , il quale gli racconta come stanno le cose.
Quando fu prossimo alla morte, il Duca stesso decise di lasciare al Conte Federico di Telramund la tutela dei suoi due figli: la bella Elsa ed il fratello Gottfried al quale sarebbe spettata poi la successione del titolo Ducale.
Elsa sempre per disposizioni del Duca morente, sarebbe poi andata in sposa al conte Federico.

La misteriosa scomparsa del figlio maschio Gottfried, avvenuta in circostanze ignote, spinse Federico ad accusare senza alcun dubbio Elsa, adombrando persino la possibilità che lei avesse agito con la complicità di un amante segreto, al fine di usurpare la successione al Ducato destinata al fratello.
Federico, sicuro del suo teorema, decise di sposare Ortrude, figlia di Rabdod, principe dei Frisoni.

La mira di Federico appare chiara: ottenere il titolo di Duca delegittimando Elsa e appoggiandosi ad un principe esterno.

Il Re, ascoltata la ricostruzione del Conte Federico, decide di convocare Elsa per conoscere la sua versione.

Elsa appare come una figura di straordinaria bellezza e dignità, disperata ma fiduciosa del giudizio regale. I presenti sono rapiti dal suo portamento, per nulla simile a quello di una fratricida.

Alle domande del Re Elsa risponde come se fosse in "trance", raccontando di un sogno dove le è apparso un cavaliere che la protegge.

Il Re, colpito da Elsa, dal suo comportamento e dal suo racconto, non si sente di sposare la versione del Conte Federico e propone a quest'ultimo di battersi, a difesa della verità, contro un cavaliere che rappresenti Elsa. Federico acconsente.

L'Araldo del Re viene invitato a rivolgere un richiamo al Cavaliere misterioso orientandosi verso ciascun punto cardinale.
Elsa si china in preghiera e dopo alcuni istanti di "suspance" l'attenzione di tutti corre al fiume: sopra un piccola navicella trainata da un cigno bianco si avvicina il cavaliere Lohengrin, la cui identità è sconosciuta a tutti (tranne che a noi).

***

La figura del cavaliere si afferma agli inizi dell'epoca carolingia, quando ad ogni suddito proprietario di terre viene imposto di mettere a disposizione del grande esercito di Carlo Magno un soldato a cavallo, un caballarius , un cavaliere appunto.

Attorno alla figura del cavaliere si sono sviluppate grandi tradizioni epiche medievali, in particolare quella carolingia.
La tradizione carolingia si rifà principalmente alle gesta narrate dalla Chanson de Roland. Tuttavia la figura cavalleresca appare anche in altre tradizioni epiche: quella legata alle saghe nordiche e nibelungiche e infine nella tradizione arturiana (di Re Artù e i Cavalieri della Tavola Rotonda) dove il cavaliere trova il suo universo ideale.

Il Cavaliere della Tavola Rotonda combatte a favore dei giusti e a protezione del Graal, custodito presso la rocca di Monsalvato.
L'epos arturiano possiede alcune caratteristiche peculiari: è impregnato di magia, fiaba ed erotismo al pari di quanto lo sia la lirica d'amore provenzale.
I cavalieri di Re Artù corteggiano e amoreggiano con dame e giovani fanciulle tanto che successivamente la Chiesa di Roma tentò di annientare, insieme agli eretici, anche tutta la cultura arturiana e provenzale.

Tuttavia l'erotismo arturiano, sopratutto dopo Wolfram von Eschenbach, acquisisce un significato mistico: diviene sublimazione della conoscenza e dell'avvicinamento del divino alla madre terra, alla natura, all'uomo.

Lohengrin aspira tormentosamente a diffondere la luce del Graal e perciò soccorre le dame in pericolo, nella speranza di trovare in una di esse la sposa per l'eternità, una sposa che simbolicamente rappresenti la perfetta fusione fra il divino (il graal e la sua luce) e l'immanente (la sposa e l'umanità).

Come il padre Parzival, anche Lohengrin erra in sofferenza, fino a che non sentirà compiuta la sua missione, e la sua speranza non troverà soddisfazione.
Salvando una donna salverebbe anche anche se stesso!

***

Lohengrin appare sul fiume a bordo di una navicella trainata da un cigno bianco. L'acqua è simbolo di vita, di purificazione e di rigenerazione e il cigno è simbolo dell'epifania, dell'apparizione del divino.
Sbarca provocando profonda emozione in tutti i presenti e soprattutto in Elsa.
Dopo aver reso omaggio al Re Enrico si rivolge direttamente ad Elsa chiedendole di concedersi come sua sposa; accetta poi di battersi in regolare duello con Federico.
Lohengrin pone però ad Elsa una condizione che si rivelerà cruciale: Elsa non dovrà mai chiedere a Lohengrin ne' come si chiami ne' da dove venga.

***

Attorno al vincolo posto da Lohengrin, si sviluppano tutte le interpretazioni che hanno reso il Lohengrin wagneriano un crocicchio di discussioni e teorie.
Perché mai Lohengrin, figlio di quel Parzival che aveva trovato nella "conoscenza", nella "cosmica chiaroveggenza" la chiave della redenzione, poneva ora di una condizione così in contraddizione con l'esperienza paterna?

Il fatto è che non c'è una vera continuità fra le vicende di Parzifal e quelle del figlio Lohengrin.
Il Lohengrin wagneriano è tratteggiato come figura nuova, inedita in gran parte, fondata su archetipi diversi, leggendari, storici ma anche moderni.

Nella richiesta di Lohengrin convivono diversi elementi, tutti legati al tema dell'amore incondizionato; nelle antiche tradizioni epiche l'amore senza condizioni è la forma d'amore più elevata, nell'ambito del quale la donna (solo la donna!) doveva dimostrare amore sincero a prescindere dalle condizioni sociali e dalla storia dell'uomo che la chiedeva in sposa. Incidono poi le convinzioni religiose della mitteleuropa ottocentesca per le quali l'amore, divino o immanente, doveva essere considerato incondizionato da ambedue le parti, quella umana e quella divina. Infine convive la più pura ambizione wagneriana di essere amato dal pubblico per la propria arte indipendentemente dalla sua controversa storia personale.

***

Elsa accetta la condizione, e il duello fra Lohengrin e Federico si compie, dopo che il Re si è appellato a Dio perchè protegga il giusto.

Lohengrin vince il confronto ma risparmia la vita a Federico. Elsa è salva e riabilitata.
Federico e la moglie Ortrude sono invece profondamente umiliati: la condizione ideale per maturare la vendetta.

Atto II

Il secondo atto si connota con tutte le caratteristiche del grande romanticismo tedesco e ci trasporta appieno in quel clima. La partitura del Lohengrin è straordinariamente intensa e sinfonica, e presenta i primi esempi di "leitmotiv", per quanto ancora molto "orecchiabili", tanto da diventare l'opera che rese famoso Wagner nell'Italia di Giuseppe Verdi.

La storia si lascia alle spalle gli epici climi medievali per divenire pienamente un Dramma romantico.
La gelosia, l'invidia e il sentimento di vendetta, archetipi tipicamente romantici, diventano le linee guida della vicenda.
Sulla scena non ci sono più cigni e cavalieri ma una donna, ambiziosa e arcigna, e un uomo profondamente desideroso di rivincita. Federico, e in particolare la moglie Ortrude, mettono a punto un piano per distruggere l'idillio fra Elsa e Lohengrin.

La chiave è la famosa condizione di Lohengrin.
Lohengrin, figura semidivina, forse non conosce troppo bene gli umani, ma Ortrude sì, e sa che con poco sforzo potrà creare in Elsa quella curiosità, così umana.

Dopo essersi accordata con il marito, Ortrude comincia a manipolare Elsa, con arte ed efficacia.

Mentre Lohengrin, fiducioso, già predispone tutto per l'imminente matrimonio e per il suo ruolo di nuovo "protettore" del ducato, Elsa viene bersagliata dal "fuoco di fila" di Ortrude e marito.

Il corteo nuziale si forma ed Elsa vi partecipa con crescente apprensione: prova la profonda disperazione del non sapere, del non conoscere, la stessa che fece disperare il padre di Lohengrin, Parzival. Nel frattempo il Conte Federico e la moglie Ortrude accusano pubblicamente Lohengrin di mentire sulla propria identità.

Lohengrin risponde con parole di rassicurazione ma ferme che non riescono però a scalfire l'ansia di Elsa, anzi l'accrescono: "Il peso del dubbio non li deve aggravare, videro le mie nobili gesta!", il che significa " io sono quello che vedono e ciò deve bastare".

Lohengrin esige un atto di fede, un atto di abnegazione totale che però presuppone l'istinto di una fede senza ragione, senza domande e senza dubbi. Così difficile da praticare per noi umani!

Ma Elsa è ormai in potere di Ortrude e di Federico.

Atto III

Il corteo nuziale si sviluppa seguendo il rito medievale, e la famosissima Marcia Nuziale del Lohengrin esprime ed esalta ciò che avviene in scena.
E' incredibile quanto la musica possa mutare il "pathos" a seconda del contesto. Normalmente, nelle nostre chiese, la Marcia Nuziale del Lohengrin conduce gli sposi all'altare con passo ritmato e maestoso. Ma nella scena originale dell'opera quella stessa musica evoca tutti i segnali funesti che la vicenda lascia presagire. Diventa cupa, fa rabbrividire. Stesse note; pathos diverso! Ecco il senso del dramma in musica, del melodramma: tutti gli elementi, quello musicale, quello drammatico e quello scenografico, concorrono in modo sinergico alla rappresentazione artistica.

Lohengrin ed Elsa rimangono soli.
Il peggio è passato, pensa Lohengrin; il peggio deve venire, pensa Elsa.
Elsa vuole sapere: ora è lei che pone la condizione a Lohengrin. In fin dei conti cosa sarà mai svelare la propria identità di fronte alla donna che si ama e in nome dell'amore più alto che vi sia?

All'improvviso irrompe nella stanza Federico che si avventa su Lohengrin: vuole provare a se stesso e ad Elsa che Lohengrin non ha nulla di divino. Non ci riuscirà: Lohengrin uccide Federico.
Ma ormai non c'è più nulla da fare. L'incanto fra Lohengrin ed Elsa è infranto.

Il giorno dopo Lohengrin è costretto a rivelare pubblicamente il suo nome e la missione impostagli dal Graal: assolvere imprese cavalleresche a condizione che l'identità non venga svelata.

Lohengrin, a questo punto, si prepara a partire; l'unica a gioire è Ordtrude vittoriosa sulla nemica Elsa.
Ma Lohengrin, prima di risalire sulla navicella trainata dal cigno bianco, libera una colomba che si trasforma nel fratello creduto scomparso di Elsa. Lohengrin proclama Gottfried, il fratello redivivo, Re del Brabante.

Il tipico finale romantico prevede che Elsa si accasci a terra, annientata dal dolore per la partenza di Lohengrin, ma ciò, che puntualmente avviene, è funzionale solo alla tradizione drammatica ottocentesca. Con questo finale Wagner era d'accordo a metà.

La tristezza sul viso di Lohengrin è invece assai più significativa: la sua missione è fallita sotto tutti i punti di vista. Non ha salvato la donna e non ha trovato la sua sposa.
Il divino ha intercettato l'uomo ma l'unione fra i due non è avvenuta.
La ferita tra il divino e l'immanente rimane aperta, come quella di Amfortas nel Parzival di Wolfram von Eschenbach.

Wagner ricomporrà quella ferita nell'ultima delle sue opere: il Parsifal.

Gremus

Gremus
La passione per la Grande Musica,
online dal 2007.