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La Salome di Richard Strauss

Salome di Richard Strauss è un vortice di sangue, morbosità, colori e pietre preziose, strazio della morale ma anche soluzioni da "pari e patta". Se la tragedia Salome di Oscar Wilde è, come dice Arbasino, ghiottissimo e completissimo menù della cucina decadentista dell'intera Bisanzio anglofrancese , la Salome di Strauss, è cucina del giorno dopo, dove alcuni sapori si arricchiscono di nuances, mentre altri si smollano acquosamente.

La storia di Salome è un incrocio di vera storia e di leggenda a più mani, dove lei, la giovane Salome passa dall'essere un giovane strumento vendicativo della madre Erodiade, per poi divenire simbolo della più devastante e morbosa lussuria, aggravata dalla più spregevole necrofilia.
Ed è questa metamorfosi, spinta al parossismo ultimo proprio da Strauss, che lascia quasi interdetti, e che fa giustamente dire ad Adrian Leverkühn (protagonista del romanzo di Thomas Mann, Doktor Faustus) ...fa la pace con l'ascoltatore timorato di Dio e gli fa capire che, in fondo, la cosa non è tanto grave...Ma che mira, che mira!

Quando la storia finisce - la testa di Giovanni Battista (Jochanaan) grondante di sangue su di un piatto d'argento, Salome uccisa dagli scudi dei soldati (senza toccarla con un dito, come fosse immonda) - Erodiade se ne va incurante del destino della figlia, a braccetto, verrebbe da pensare, del neomarito Erode Antipa, che non ha nulla a che vedere con l'Erode di lui padre, famoso per la strage degli innocenti, ma che, quanto a sterminatore di vite umane (in metafora ed in vero), non era da meno.

Erodiade percorre nei secoli la trasformazione opposta che la porta da incestuosa (per la morale Giudea del tempo) adultera, inviperita dalle accuse di Giovanni Battista, fino a diventare già con Oscar Wilde non più che catalizzatrice della morbosa passione a tre fra Salome, il patrigno Erode e la vittima Giovanni.

Erodiade, nella storia reale, era sposa del fratello (o fratellastro) di Erode, Filippo. Anche Erode era già ammogliato ma questo, si sa, è trascurabile. Quando i due, Erodiade ed Erode, si incontrarono scoccò la passione. Salome, figlia di Erodiade, dovette fare bagagli per seguire la madre alla corte di Erode.
Qui cessa la storia ed iniziano le testimonianze, raccontate innanzitutto dagli Evangelisti Matteo e Marco, benché il primo ed unico a fare esplicitamente il nome di Salome sia stato Flavio Giuseppe.

Tutte le testimonianze concordano su questa sequenza: Erode imprigionò Giovanni Battista sotto le insistenze di Erodiade verso la quale Giovanni muoveva pesanti accuse di comportamenti incestuosi (a causa della relazione adultera con Erode). Erode nutriva timore per Giovanni, tanto da rimandarne continuamente l'esecuzione. Durante una ricorrenza la figlia di Erodiade Salome si produsse in una danza che piacque ad Erode, tanto da arrivare a promettere alla ragazza di esaudire qualunque desiderio ella presentasse.

Fu la madre a istigare Salome affinché pretendesse la testa mozzata di Giovanni su di un piatto. Fu alla madre che Salome consegnò la testa di Giovanni.
Flavio Giuseppe, che per primo nominò Salome, raccontò che la ragazza diventò poi madre e sposa esemplare. Non un simbolo del peccato dunque, ma solo uno strumento della demoniaca madre.

Poi la leggenda fece il suo corso e secolo dopo secolo la figura di Erodiade venne sempre più lasciata sullo sfondo, per decorare invece fino all'estremo della più maledetta decadenza la figura di Salome. Il culmine giunse prima con Gustave Flaubert, che aggiunse stille di erotismo alla vicenda; si caricò di lussuriosa necrofilia con Oscar Wilde; raggiunse dimensioni morbose (grazie alla straordinaria musica) con Strauss, il quale, come già detto, si assunse il compito di aggiungervi l'enzima che rendesse digeribile la storia anche ai più bacchettoni, costruendo appositamente un quadretto da "tutto sommato non è tanto grave". Chi? Che cosa non è grave? Ognuno tragga le sue conclusioni.

La vicenda dell'opera di Strauss è caratterizzata da un incessante vortice, dove molte voci girano, si sovrappongono, e dove le passioni si caricano immediatamente di un peso tragico.
Inizia trascinando orchestra, scene e spettatori in un'onda onirica, dove il giovane capitano Narraboth, dopo che neanche dieci secondi di musica sono trascorsi, dice estasiato: "Com'è bella la principessa Salome questa notte!"

Narraboth non riesce a scollare gli occhi dalla principessa Salome, nonostante il bailame di voci da un banchetto organizzato da Erode, nonostante le prediche di Giovanni Battista dal fondo di una cisterna, nonostante le questioni su temi religiosi dei Giudei, e a nulla servono gli avvertimenti del paggio di Erodiade. Narraboth è preda di un delirio d'amore per la giovane principessa, pallida, "ombra di una rosa bianca in uno specchio d'argento".

Salome entra e la sua attenzione è presa dalla voce di Giovanni (Jochanaan); lo vuole vedere, gli vuole parlare, e per ottenere questo seduce Narraboth, fino a farlo cedere: il capitano fa condurre davanti a Salome Giovanni.
Inizia la parte più intensa, più sconvolgente, più lussuriosa di tutta l'opera. Altro che' la danza dei sette veli che verrà dopo. Quella danza Strauss non la voleva scrivere, si sente e si intuisce dalle vicende di composizione. Ed infatti è la parte meno interessante, bella da suonare ai gran galà di balletto, ma tutt'altro che seducente.
Invece in tutta la parte dove Salome tenta di sedurre Giovanni si prova quasi il disagio di quando ci si ritrovare a fare lo spettatore durante un corteggiamento. Solo che qui il corteggiamento è perverso, sia per le richieste di Salome, sia per le velenosità di Giovanni che si difende dicendo, fra l'altro: "Indietro, figlia di Babilonia! Attraverso la femmina entrò il male nel mondo".

La vera danza seduttoria di Salomè è questa, fatta di parole talmente degenerate e provocanti da indurre il giovane capitano Narraboth ad uccidersi per amore. L'amore in questa vicenda esiste solo per Narraboth: altrove ha lasciato il posto al morbo della passione, per la carne pallida, per la luce lunare che illumina tutto in bianchi e neri.

Narraboth si toglie la vita quando Salome implora Giovanni di concedergli la bocca per un bacio. Ne' Salome ne' Giovanni se ne guardano. Narraboth semplicemente non esiste più, e forse non è mai esistito per il fatto stesso di "amare".
Giovanni maledice Salome e rientra nella cisterna.

Cambia il quadro ed in scena ci sono Erode, Erodiade ed il corpo sanguinante di Narraboth. Erode ci inciampa e, come fosse un tappeto sporco, fa sgombrare.
Erode ha pensieri di brama per Salome. Erodiade ha pensieri di odio per Giovanni. Tutti e due sembra non abbiano affatto pensieri l'uno per l'altro.

Scorre tutta una parte dove si articolano situazioni collaterali: i litigi dei Giudei, la voce di Giovanni che rimbomba ed altre discussioni.
Ma il pensiero di Erode è per Salome e quello di Erodiade è contro Giovanni.

Erode offre vino cibo e comodità a Salome che rifiuta. Poi le chiede di ballare ed ella prima rifiuta, poi accetta allorché Erode gli promette in cambio qualunque cosa ella richieda.

Salome inizia la danza. Ad Erode la danza piace. Arriva il momento in cui Salome può fare la sua richiesta.

Vuole la testa di Giovanni su un piatto di argento.

Erode si sconvolge, cerca di riparare, offre gioielli, smeraldi, addirittura un cristallo attraverso il quale alle donne non sarebbe concesso guardare.

Salome vuole la testa di Giovanni. Ed Erodiade plaude alla richiesta.

Erode non ha scelta.
La testa viene consegnata a Salome.
Ora Salome può baciare la bocca di Giovanni.

Erode ed Erodiade, sconvolti ma non più di tanto se ne vanno. A braccetto, forse.

Prima di uscire Erode si gira: "Si uccida quella donna".

Giù il sipario.

Gremus

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