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Il sogno di Tristano e Isotta

Questa sera. Il Tristano e Isotta di Richard Wagner, il Teatro alla Scala e Daniel Baremboin sul podio. Una prima come non se ne vedevano da anni.
Tristano e Isotta è un tuffo nei vortici della passione, dell'amore cerebrale, del desiderio sublimato al livello estremo, quello che travolge oltre il concepibile, il dominabile.

Le trame melodrammatiche sono zeppe di storie d'amore, alcune tragiche, altre liete, altre ancora complicate, effimere o totali. Ma solo una è mentalmente devastante, come spesso lo può essere una passione impossibile: è la storia di Isotta e Tristano, lei bella principessa irlandese, lui coraggioso eroe. Ambedue innamorati, l'uno dell'altro, ma cotti da un'amore impossibile, inottenibile, inattuabile.

La musica di Wagner, la musica del Tristano, tralasciando gli aspetti tecnici che troppo spesso riempiono pagine di libri, è la musica della passione segreta, dello sperare che l'altro capisca, intenda, comprenda ciò che già colma le notti insonni dei due.
Quale colonna sonora è più adatta a quel turbine mentale agitato dalla passione, quel non riuscire più a pensare null'altro, quell'ansia che ammezza il respiro, quella gelosia per ogni pensiero di lei o di lui, che si cerca di interpretare cerebralmente come dramma o il suo contrario.

La tragicità romantica del Tristano ed Isotta è subito evidente sin dalle prime battute del preludio. Aleggia lo stesso cupo destino, per fortuna meno tragico, degli amori impossibili che nella maggior parte dei casi ognuno esaurisce fra sé e sé, lasciando il perenne dubbio che l'impossibilità fosse solo nella propria testa; quante volte è capitato.

Un filtro. Ecco cosa trasforma la passione segreta fra Tristano ed Isotta in un amplesso, ancorché più cerebrale che fisico, interamente traslato nel sogno, nell'immaginazione. Il filtro è l'alcova, quel luogo dove ci si rifugia nel solitario pensare, crogiolandosi nell'immaginario dove anche l'impossibile diventa possibile, dove lei o lui condividono lo stesso meraviglioso sogno.

Ma il filtro, come il sogno, si esaurisce non nel sonno ma nella veglia, nel fare i conti con la realtà, dentro e fuori di noi, con le paure e tutto il resto. E così anche Tristano ed Isotta, cessato l'effetto del filtro ripiombano nella realtà, che del loro amore ne ha fatto il simbolo dell'impossibilità.

Tristano muore, Isotta pure, ma un canto struggente al termine dell'opera, ci suggerisce l'idea che i due abbiano semplicemente preferito il sogno eterno alla vita. Il liebestod la morte per amore di Tristano ed Isotta è ben diversa dalla morte tragica dei tanti amanti della storia dell'opera.
Essi decidono di vivere altrove, nel sogno, nella loro alcova protetta.

Chissà quanti decolté imbottiti sapranno disporsi a vivere la travolgente storia della principessa d'Irlanda e del suo eroe.

Però, dopo la prima c'è il buffet. E allora diranno tutti comunque che il Tristan gli è piaciuto tantissimo...

Gremus

Gremus
La passione per la Grande Musica,
online dal 2007.