Parlare in pubblico o suonare strumento musicale davanti ad un piccolo pubblico spesso significa far scatenare l'emozione o la paura del pubblico che possono divenire fastidiose, se non un vero e proprio freno alla propria ambizione.
E siccome per un oratore o musicista, ammettere di essere emotivamente vulnerabile è quasi una "vergogna", tanti, tantissimi di essi vivono con silenziosa solitudine questa piccola angoscia. Questo articolo invece parla proprio di questa "paura del pubblico", cercando di fare un po' di chiarezza.
L'emozione davanti al pubblico coglie tutti, senza distinzione, solo che coglie in modo diverso da persona a persona. La diversità è dovuta in parte a fattori fisiologici, e pertanto poco controllabili dall'individuo, in parte a fattori psicologici da ricondurre al vissuto di ogni persona, ed infine a fattori legati al modo con cui ci si prepara ad una performance ed al controllo della mente e del corpo durante la performance stessa.
Molte persone soffrono il pubblico in maniera apprezzabile, arrivando a rendere durante una performance pubblica non più del 60-70 % di ciò che invece sarebbero in grado di fare.
Per un musicista, ad esempio, che soffre emotivamente il pubblico è disarmante osservare come invece un proprio compagno di studi, con il quale in classe non si teme il confronto, riesca a fare davanti al pubblico esattamente ciò che fa in classe, se non meglio.
Cosa provoca la paura del pubblico?
Innanzi tutto c'è la componente fisiologica, cioè quella riferita ai comportamenti che il nostro corpo assume con un certo grado di involontarietà.
Ls paura, che è quella che crea problemi a chi si presenti in pubblico, dipende dalla funzionalità del sistema nervoso simpatico e da un ormone, l'epinefrina (o adrenalina), che viene secreto dalle ghiandole surrenali.
Questo ormone ha una funzione fondamentale perché è in grado di porre il corpo in una situazione di allerta di fronte ad un pericolo. Ciò che infastidisce il soggetto emozionato - cioè l'aumento della frequenza e della pressione sanguigna, la diminuzione della salivazione, il sudore, l'eccitamento dei muscoli dovuto ad una maggiore irrorazione sanguigna e ad una maggior concentrazione di zuccheri nel sangue - rappresenta in realtà un armamentario di difesa e di supporto per fronteggiare l'allarme.
Non si può perciò controllare farmacologicamente quanta epinefrina possono secernere le nostre ghiandole surrenali se non abbassando il nostro intero livello di reattività globale, scotto questo che nessun oratore o musicista sarebbe disposto a pagare.
Apparirebbe dunque impossibile trovare una soluzione al problema. Invece le soluzioni ci sono, e possono essere molto potenti ed efficaci. E' necessario spostare gli obbiettivi delle nostre riflessioni dalla sfera fisiologica a quella psicologica prima e metodologica dopo.
Se la produzione di epinefrina dipende dalla paura, è sulle cause di questa paura che bisogna concentrarsi.
Il pubblico in se', il pubblico dei nostri tempi, non è minaccioso nei confronti di chi parla e suona "in scena". Un tempo poteva tirare qualche pomodoro, oppure fischiare, ma oggi il pubblico medio, nell'accezione massima della sua disapprovazione, approva timidamente, sbadigliando e con sorriso di circostanza. Perciò avere paura del pubblico, in quanto persone che reagiscono a ciò che il musicista produce, è illogico, e difficilmente il nostro corpo reagisce violentemente a ciò che non ha ragione di temere.
Di chia abbiamo paura realmente?
In realtà la reazione del nostro corpo non è impaurita dal pubblico ma dalla reazione stessa che il nostro corpo ha di fronte al pubblico. L'individuo è impaurito dal giudizio che esso stesso darà alla propria reazione al pubblico ed alla propria performance, giudizio che l'individuo sa di temere, questo sì, particolarmente.
La dinamica perciò è tutta interiore, indipendente dal tipo di pubblico e dalla sua ampiezza e competenza.
Personalmente ho sperimentato diversi tipi di pubblico, diverse situazioni e diverse emozioni. La qualità del pubblico, la sua quantità come anche il prestigio di un teatro o l'altro non hanno quasi mai influito sulla mia emozione. Anzi, quando mi è capitato di presentarmi in sedi molto prestigiose, con un pubblico ampio e prevedibilmente abituato ad esibizioni di alto livello, ho sempre svolto meticolosamente il lavoro di preparazione, di studio e di disposizione psicologica, affinché la "paura" del mio auto-giudizio fosse controbilanciata dalla consapevolezza di aver fatto il massimo di ciò che potevo fare per far fronte all'impegno. Ciò abbassava automaticamente anche il livello di paura.
Preparazione e consapevolezza
Voglio dire che la sicurezza della propria preparazione e la consapevolezza dei propri limiti al momento della performance, sono uno dei deterrenti più potenti alla paura del pubblico.
Sicurezza e consapevolezza sono stati di coscienza che coinvolgono direttamente il nostro "io" più intimo, e con i quali non valgono trucchi o mistificazioni. Avere la certezza di essersi preparati adeguatamente implica averlo fatto per davvero; lo stesso vale per la consapevolezza di aver lambito il limite delle proprie possibilità.
Purtroppo la valutazione sia dell'uno che dell'altro stato di coscienza presuppongono una certa maturità che io stesso non ho raggiunto prima dei 30, 40 anni. Prima si vive spesso in perenne insoddisfazione di se stessi, sicuri di aver tralasciato sempre qualcosa e con la convinzione di poter sempre fare di meglio. Ebbene, la differenza fra lo studente che si presenta in pubblico con invidiata spavalderia e chi invece soffre ogni esibizione, sta proprio nel diverso grado di sicurezza e consapevolezza relativa dei due, il quale può dipendere, nei giovani, da infinite varianti fisiologiche e psicologiche.
Le insicurezze giovanili sono comunque il segno della ricerca, dell'ambizione a migliorarsi ed a capire se stessi ed il mondo.
Il giovane apparentemente sicuro ma meritevole ha una soglia di sicurezza generalmente un poco più alta dell'insicuro e questo perché ha probabilmente una struttura fisiologica meno sensibile alle sollecitazioni.
Tuttavia l'insicurezza deve essere correttamente orientata all'evoluzione senza cominciare al mettere sotto la lente d'ingrandimento il proprio vissuto, ma adoperandosi con naturalezza a costruire la propria maturità, giorno dopo giorno, ora dopo ora.
Volgere la paura del pubblico a proprio favore
Una certa emozione prende comunque chiunque affronti il pubblico e certamente la parte iniziale di ogni performance è la più difficile da affrontare. Le mani gelate, la mente non ancora concentrata ma, soprattutto il pensiero che va proprio a questi segnali di emozione che immancabilmente arrivano.
L'emozione iniziale è naturale, anzi fisiologica e non manca neppure ai più navigati "animali da palcoscenico". E' importante essere consapevoli che è del tutto normale, anzi che proprio la sua presenza può indurre quello che in psicologia si definisce "processo antagonista".
In pratica si tratta di una reazione alla sensazione di paura, di segno opposto rispetto la paura stessa, che sfruttando la maggiore circolazione sanguigna, i maggiori zuccheri e una progressiva acutezza di concentrazione, porta il nostro corpo in una condizione di potenziale superiore, in grado di farci fare cose, durante le esibizioni, che a casa nostra non saremmo in grado di fare. E' lo stesso fenomeno che permette agli sportivi di superare i record solo durante le gare e non durante gli allenamenti.
Per arrivare a questo magico stadio, che ho provato spessissimo anch'io, è necessario lasciare che l'emozione iniziale lasci spazio a questa sensazione antagonista e benefica.
Spesso, durante le mie conferenze, quando dopo una decina di minuti raggiungo questo stadio di massima concentrazione, riesco a formulare ragionamenti e collegamenti mnemonici che sorprendono me stesso. E' una sensazione molto piacevole.
Rilassamento
Un ultimo elemento che può aiutare a superare la paura del pubblico è la mancanza di controllo del proprio corpo a livello muscolare.
Suonare uno strumento musicale implica delle posture che spesso sono innaturali. I musicisti conoscono quali rigidità possono essere indotte da posizioni errate degli arti, della schiena o della testa. Purtroppo tutte le situazioni di tensione muscolare si aggravano nel momento in cui il nostro corpo deve, fisiologicamente, rispondere ad una sollecitazione emotiva. Alla parte celebrale che governa le ghiandole surrenali produttrici di adrenalina, non importa sapere se noi abbiamo i muscoli in tensione e quali lo siano: l'obbiettivo della produzione di adrenalina è porre tutti i muscoli in situazione di allerta. Un muscolo rigido riceverà una quantità di sangue zuccherato uguale a quella ricevuta da un muscolo rilassato: il primo però comincerà a tremare e da rigido diverrà paralizzato mentre quelli più rilassati si tenderanno per sopperire all'inutilità dei primi.
Perciò un lavoro di rilassamento dell'impostazione globale è importante. Presentarsi in pubblico con tutto il sistema muscolare il più rilassato possibile è fondamentale per dominare quella lieve tensione dovuta allo stato di emozione iniziale.
Ai fini delle esibizioni pubbliche le tecniche di rilassamento, oltre a quelle di "training mentale"sono utilissime, tanto quanto lo studio tecnico, ma questo articolo è già molto lungo, per cui ne parlerò in prossime occasioni.