Fare musica insieme ad altri è l'ambizione di quasi tutti gli appassionati di musica e anche di moltissimi professionisti. A parte qualche solista misantropo (soprattutto pianisti) il fare musica insieme ad altri è anche un modo per alimentare la passione stessa per la musica, che altrimenti rischia di stemperarsi nella noia del suonare per proprio conto nella propria stanzetta. Per alcuni strumenti ci sono molte opportunità per trovare "compagni di musica"; per altri è un po' più difficile ma non impossibile. In questo articolo cercherò di offrire qualche spunto ed idee per incoraggiare l'esperienza del fare musica insieme.
Per suonare insieme ad altri è necessario possedere alcuni minimi requisiti tecnici, giusto per non trasformare una "session" in un pasticcio. E' necessario che si domini lo strumento quel tanto da poter suonare intonati, con una certa sicurezza nel registro medio e con la capacità di concentrarsi sulla propria parte mentre altri suonano altre parti. Quest'ultima abilità (non difficile da affinare) è quella che spesso disorienta alla primissima esperienza di musica d'insieme, ma che poi offre il piacere più grande dopo che si è capito come inserire i propri suoni in un contesto strumentale.
Per gli strumenti monofonici (tutti tranne le tastiere, le chitarre, le arpe e alcuni altri), concetti come "armonia", "contrappunto" o "polifonia" rimangono un po' astratti fino a quel magico momento in cui ci si ritrova a suonare anche in un semplicissimo duo, o trio, oppure in una banda o in un gruppo rock. La propria parte diventa componente di un pensiero musicale più ampio ed articolato. La prospettiva musicale si ampia e la musica assume profondità. Non serve essere dei provetti strumentisti purché agli inizi si scelgano brani non troppo difficili e tecnicamente al proprio livello. Poi è chiaro che nell'assemblare il complesso sarà opportuno considerare i diversi livelli di padronanza degli strumenti. Non è molto diverso dal trovare un partner adeguato per giocare a tennis: giocare con uno molto sotto il proprio livello giova all'autostima ma annoia rapidissimamente. Nella musica di insieme è lo stesso.
E' assolutamente consigliabile organizzare i gruppi in maniera piuttosto omogenea: ciò permetterà una crescita del complesso veloce ed entusiasmante. Di solito un gruppo musicale nasce per iniziativa di poche persone, due o tre al massimo, le quali poi selezionano altri strumentisti per le esigenze di repertorio. Spesso si parte con grandi ambizioni e così, sia nei gruppi classici sia in quelli moderni, si tende a costituire complessi ampi, con molti strumentisti. Però, più i gruppi sono ampi più sarà difficile organizzare il complesso, trovare spazi per le prove e individuare momenti in cui tutti i componenti siano disponibili per le prove. Non c'è però una legge che sancisca che "piccolo è meglio". Tutto dipende dalle ambizioni del complesso, dall'età dei componenti (l'età determina la quantità degli impegni), e dagli obbiettivi individuali di ciascun strumentista. Per tutto ciò la selezione degli strumentisti è fondamentale, e talvolta il sapere dire "no" ad un simpatico amico o ad una bella ragazza può rivelarsi fondamentale ai fini della struttura del gruppo.
In ambito classico le combinazioni più diffuse sono le formazioni che vanno dal duo fino all'ottetto. Duetti se ne trovano a non finire, per qualunque strumento, ed è la formazione ideale per chi comincia, per chi, vuole provare l'ebbrezza del mischiare i propri suoni con quelli di un altro strumentista. Il repertorio per duo è vasto e copre tutti i livelli di abilità tecnica. Ci sono duetti affrontabili dai principianti così come ci sono grandi "duo" da virtuosi. Ma il duo più diffuso è quello che prevede come uno dei due strumenti il pianoforte.
Suonare con un pianista è molto appagante ma presuppone che il pianista sia ad un livello di abilità tecnica molto alto. Uno strumentista "così così" riesce a farsi accompagnare solo da un pianista bravino, mentre il contrario è praticamente impossibile. Questo crea dinamiche fra pianista e strumentista spesso complesse, e non sono pochi i pianisti che rifiutino, per tutto ciò, di suonare con altri. Di solito è sempre lo strumentista che va alla ricerca di un pianista con cui suonare e raramente il contrario: è un privilegio che deriva dall'autonomia musicale del pianoforte. Così può capitare che uno chieda ad un pianista: "vuoi suonare con me?", e il pianista risponda: "quando è il concerto e quanto ci pagano?", e il duo è già finito.
Dopo il duo i trii, i quartetti ed i quintetti sono i più diffusi. Ma cominciano ad essere complessi impegnativi, con repertorio impegnativo. I grandi trii e quartetti d'archi non sono abbordabili per chi sia al di sotto di un corso medio avanzato. I quintetti di fiati classici (flauto, oboe, clarinetto, corno e fagotto) offrono soddisfazioni grandissime ma sono complessi che necessitano abilità tecniche e musicali. La prima volta (poco meno di 40 anni fa) che mi ritrovai a suonare in un quintetto a fiati ero iscritto al quinto corso di conservatorio. Tutti i componenti di quel quintetto erano più o meno al mio stesso livello. I brani erano di media difficoltà ma ricordo un brano di Rossini che ci faceva tribolare non poco. Dopo qualche mese ci presentammo in concerto in un circolo Arci di Milano. Fu un successone e da quel momento non potei più fare a meno della cosiddetta "musica da camera".
Per i più ambiziosi esistono anche complessi più ampi e l'ottetto è il più classico fra questi. Sull'ottetto potrei raccontare molte cose perché ho fatto parte per diversi anni di un prestigioso ottetto di fiati milanese, il "Promenade". L'ottetto è un complesso straordinario, quasi una piccola orchestra, dove il fare musica insieme diventa vera gioia musicale. Di tutte le mie esperienze legate alla musica è quella che ricordo con maggiore intensità, sia per le esperienze concertistiche , sia per le musiche che suonavamo, sia per le persone ed i rapporti umani che si erano instaurati. Rapporti non sempre semplici, migliori con alcuni, peggiori con altri, ma comunque assai simili a quelli di una grande famiglia. Non è semplice costruire un gruppo di ampie dimensione come un ottetto e non è semplice riuscire ad ottenere i successi internazionali che furono raggiunti da quel gruppo di cui facevo parte.
Il segreto, in quel caso, fu quello di ritrovarsi in "braghe corte" cioè ancora molto giovani, nella classe di musica di insieme del professor Giuseppe Garbarino, un musicista con la musica da camera mischiata ai globuli rossi. Da lì tutto è proseguito con facilità ed entusiasmo. Con l'entusiasmo non è difficile organizzare le prove, scegliere il repertorio, lavorarlo, trovare i concerti ed esibirsi. Quell'entusiasmo è durato per più di cinque anni, densi di esperienze incredibili, di trasferte internazionali e di scommesse sempre vinte. Poi, come succede alle cose che nascono in gioventù, il gruppo si è sciolto con l'età più adulta. Ma l'età forse c'entrava relativamente: probabilmente invece, le esperienze fatte erano già state molto appaganti ed era normale che poi si cercassero nuove emozioni altrove.
Nella musica leggera, il più classico di tutti è il tipico complesso formato da voce, chitarra, tastiera, basso e batteria. Le premesse fatte per i complessi classici valgono con poche eccezioni per i gruppi pop/rock. L'omogeneità del livello tecnico dei componenti, l'entusiasmo e la scelta attenta degli elementi sono sempre fondamentali. In più c'è una difficoltà logistica che è costituita dal trovare un posto dove provare. La batteria e gli strumenti elettrificati non sono adatti ai locali di condominio perciò bisogna mettersi a cercare un luogo dove lasciar montate le strutture di amplificazione principali e la batteria. Si può anche montare e smontare ma così si rischia di rendere ogni prova più macchinosa.
Molte scuole di musica mettono a disposizione degli studenti delle aule con la strumentazione di base già installata. Si tratterà al massimo di pagare un minimo di affitto dell'aula, ma normalmente sono cifre abbordabili anche dalle tasche squattrinate dei giovani. Anche i semplici complessi scolastici, oppure gli oratori, consentono di utilizzare degli spazi per far musica, spesso in cambio di una serata di spettacolo che il gruppo offrirà a titolo gratuito. Ovvio che in questi spazi raramente si possano lasciare gli strumenti montati.
In questa breve introduzione ho tralasciato di proposito le bande, le orchestre amatoriali ed i cori, che rappresentano occasioni di aggregazione musicale formidabili.