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Cajkovskij e l'Evgenij Onegin

Per ciò che riguarda l'Evgenij Onegin, é rischioso cercare nella musica di Cajkovskij tracce autobiografiche. Questo perché la musica fu il mezzo espressivo "pubblico" del compositore. Ad essa Cajkovskij ha riservato solo una piccola parte del suo profondo sentire, conservando nella sfera più intima gli effetti della vita tragica che si ritrovò a condurre. Nell'opera Evgenij Onegin, composta in uno dei tratti più spasmodici della sua esistenza, le tracce di queste convulsioni ci sono e non ci sono, appaiono ma poi si contraddicono.

La vita di Cajkovskij fu dilaniata dall'incapacità di relazionarsi col prossimo. La musica di Cajkovskij racconta solo la parte emersa del tormento. Cajkovskij era omosessuale, ed esserlo nella Russia zarista e ortodossa della seconda metà '800 significava rischiare l'arresto e la Siberia. Tuttavia sarebbe riduttivo attribuire all'omosessualità, più o meno repressa, la ragione dell'esistenza drammatica del compositore.

Per Cajkovskij il vero "vulnus" era costituito dall'avversione totale al contatto umano, radicale nel caso di contatto fisico, condotto a fatica nel contatto diretto, viso a viso, od anche semplicemente spalla a spalla. Il contatto privilegiato da Cajkovskij era quello epistolare, e proprio dalle lettere si può sondare più a fondo il dramma che lo accompagnò tutta la vita. Un dramma depressivo atroce e mai risolto, un dramma di solitudine ricercata per sfuggire al contatto col prossimo, maschile o femminile che fosse.

Nella concezione di Cajkovskij l'amore doveva trovare la sua declinazione perfetta nell'accezione spirituale, espresso solo a parole ma a distanza, per lettera, senza mai abbandonarlo alla tentazione del desiderio fisico, finanche semplicemente visivo. Un'amore comunque distaccato non solo nella forma espressiva, ma anche nella sostanza, tanto da spingere alla delusione pure le rare persone (a parte i famigliari) che cedettero all'esigenza imprescindibile di amarsi solo per posta.

E' il caso accaduto con la ricca vedova Nadezda von Meck, fanatica della musica di Cajkovskij, poi munifica mecenate (arrivò a concedergli una pensione annua di 6000 rubli più decine di privilegi nelle sue proprietà), infine innamorata, apparentemente ricambiata, sebbene esclusivamente per via epistolare. Pare che Cajkovskij accettò tutto di buon grado a condizione di non dover mai e poi mai incontrare la vedova di persona. Dopo 14 anni di toccanti lettere passionali sebbene, da parte del compositore, non del tutto disinteressate, la vedova von Meck lo scaricò, lasciando che Cajkovskij si crogiolasse da solo nel suo mondo di affetti in cera lacca. E Cajkovskij ne soffrì.

Quando si accinse a scrivere l'Onegin, soggetto scelto un po' per caso, decise contemporaneamente di compiere una delle operazioni più drammatiche della sua esistenza: pensò di sposarsi. La prescelta, o meglio, la vittima di quell'operazione fu una giovane ragazza, che aveva deciso, sempre per lettera, di confidargli tutto il suo amore. Cajkovskij, forse per tentare di darsi un'esistenza "normale" accettò pur dichiarandole da subito che non l'avrebbe mai amata. Una giovane ragazza che si ritrova a nozze con un giovane, bello e quasi famoso musicista, non sta certo a dar peso a pessimistici presupposti: mi sposi? Prima o poi ti farò innamorare! Ma Cajkovskij intendeva dire che non l'avrebbe mai amata di quell'amore psico-fisico che due persone innamorate si ritrovano, quasi generalmente, a desiderare, soprattutto dopo un matrimonio.

Cajkovskij non sarebbe mai riuscito ad avvicinare, senza traumi, la giovane nemmeno per un bacio, nemmeno per una minima effusione amorosa. Il matrimonio durò solo tre settimane, dopodiché Cajkovskij fuggì, poi tentò il suicidio, poi quasi impazzì.

Il matrimonio, mai consumato, andò a pallino qualche tempo dopo, ma la psiche di Cajkovskij rimase turbata per molto tempo, forse per sempre.

L'Onegin non racconta questa vicenda capitata contemporaneamente alla sua composizione, ma la sua trama è densa di coincidenze, che sorpresero anche lo stesso Cajkovskij. E' come se il destino avesse voluto dare al compositore il modo di vivere di persona ciò che l'opera che andava formando, raccontava. Forse è proprio dovuto a questa coincidenza il successo che l'opera ebbe nel tempo, fino ad oggi.

Del resto il destino nell'Onegin c'entra parecchio. L'Onegin di Cajkovskij (tratto da Puskin) è una storia di lettere, di passioni espresse e non ricambiate, di coincidenze mancate e di tragedie provocate dal più sciocco gioco delle parti.

Quando l'opera si apre il sole brilla all'orizzonte. Le due sorelle Tatiana e Olga sognano storie d'amore e la madre Làrina, vedova, le ascolta con malinconia: la madre il matrimonio l'ha dovuto subire per imposizione e l'amore vero l'ha dovuto dimenticare. Tatiana ha preso un po' dalla madre, malinconica anch'essa, destinata, forse, ad una vita di rinunce.

E' per questo che Cajkovskij si affezionò da subito al personaggio di Tatiana, sentendola vicina nel sentimento e nel destino. Dopo alcune splendide scene campestri, con musica straordinaria, giungono ospiti il poeta Lenski, innamorato di Olga, e lo sconosciuto, fraterno amico di Lenski, Onegin. Tatiana è colpita da Onegin e la sera stessa, ormai travolta dalla passione decide di scrivere una lettera d'amore al ragazzo appena conosciuto.

Cajkovskij inizia a creare il suo Onegin proprio da questa scena, dalla scena della lettera, come se sentisse quella situazione la più vicina, la più prossima al suo personale modo di esprimere qualunque passione: scrivere una lettera. La lettera giunge ad Onegin il quale però respinge l'ipotesi di unirsi alla bella Tatiana, esprimendole l'impossibilità di provare per lei null'altro che un amore fraterno.

Tatiana rimane segnata dalla delusione. Facile a questo punto il parallelo Tatiana/moglie di Cajkovskij - Onegin/Cajkovskij stesso. Ma è evidente dalla musica, dal modo in cui Cajkovskij procede nella composizione, da ciò che Cajkovskij stesso scrisse in alcune lettere, che il compositore si senta affine più a Tatiana che ad Onegin.

Qui nasce l'apparente contraddizione fra il sentire e l'essere, cioè fra il sentire la forza dell'amore ma il non riuscire ad esprimerlo a proprio modo, con la propria natura ed il proprio senso intimo dell'amare. Cajkovskij/Puskin raccontano in modo consueto questa contraddizione, ma Cajkovskij vi si riconosce secondo la propria natura di persona che non riesce a farsi amare nel modo, nelll'unico modo, per lui tollerabile.

Nel secondo atto ricorre l'onomastico di Tatiana e la madre organizza una festa da ballo in casa. Vi partecipano tutti: Tatiana, Onegin, Olga e Lenski. Onegin per spegnere qualsiasi "voce di comare" sulla presunta vicenda amorosa con Tatiana, si mette a fare la corte ad Olga, indispettendo l'amico Lenski. Il gioco trascende e i due amici finiscono prima col litigare poi con lo sfidarsi a duello.

La mattina successiva il duello si consuma nel sangue di Lenski, ucciso da Onegin. Ecco la tragicità scaturita dal gioco delle parti, dal nulla, dall'ineluttabilità dei destini. Ma non ci si aspetti una sottolineatura drammatica da parte di Cajkovskij. Il dramma per Cajkovskij è già la vita, di per se quasi insignificante, e la morte ne è solo un'appendice.

Tutto ciò che avviene si svolge nell'incapacità totale del "saper vivere". In cosa consista però questo saper vivere è a sua volta difficile da definire.

Tra secondo e terzo atto il tempo è corso velocemente e la scena riprende durante un'altra festa danzante a Pietroburgo, qualche anno dopo. Vi partecipa Tatiana, sposata ad uno che forse non ama: il principe Gremin. Ma fra gli invitati c'è pure Onegin, che per anni ha vagato alla ricerca di un senso che giustifichi tutto ciò che è successo e l'esistenza stessa.

Tatiana e Onegin si incontrano; si guardano; si amano, questa volta ricambiati l'un l'altro, ma senza dirsi una parola. Ancora una volta è una lettera, questa volta di Onegin, a dare parole a questo amore inevitabile perché segnato dal destino, sempre tragico. Poi i due si incontrano, si parlano, si bramano. Ma il destino ha già deciso. Tatiana è moglie del principe Gremin. Onegin è disperato per sempre!

Contemporaneamente all'Onegin, Cajkovskij compose la quarta sinfonia. A proposito dell'inizio della sinfonia scrisse: Il destino è forza fatale che spezza l'impeto della felicità e le impedisce di compiersi; che attenta gelosamente alla pace e alla felicità impedendo che siano complete; che come la spada di Damocle rimane sospesa sopra il nostro capo e senza tregua avvelena l'anima. E' una forza invincibile, combatterla è vano. Non ci restano che la rassegnazione e la tristezza.

Gremus

Gremus
La passione per la Grande Musica,
online dal 2007.