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Scompare il mestiere di musicista

Vivere di musica non è più un mestiere ma è un privilegio. Almeno nell’Italia di oggi. So che l'affermazione risulta impopolare, soprattutto qui, in questo sito, dove negli anni ho pubblicato articoli, lezioni e suggerimenti per avvicinarsi con passione alla musica. Tutto ciò rimane, come anche l’intenzione di proseguire a raccontare di cose musicali con gioia e semplicità. Ma sarei ipocrita se nascondessi che un conto è appassionarsi alla musica o far musica; un altro conto è decidere di farne la propria professione. Per questa ambizione oggi vale il famoso ritornello “uno su mille ce la fa”, e anche quando ce la fa, è tutto da vedere per quanto.

Odio l’ipocrisia e allora mi pare giusto dire la mia su questo argomento così importante e delicato. Migliaia di giovani frequentano Conservatori di Musica, Scuola Musicali Parificate, Scuole di musica e quant’altro. E va tutto bene: fanno bene tutti questi giovani, perché educarsi alla musica è un patrimonio di cultura e di sensibilità che nell’esistenza può essere di grande aiuto. Ciò che trovo ipocrita è che alcune di queste scuole, i conservatori per primi ma poi anche molte altre, si fregino della caratteristica di essere “professionalizzanti”, cioè in grado di preparare un giovane alla professione. A questi giovani non viene detto che la professione del musicista non esiste quasi più, o per lo meno, non è generalmente considerata una professione degna di essere dignitosamente remunerata.

Si, perché va detto che di orchestre, di gruppi che fanno serate, di insegnanti di scuolette e scuolettine ce ne sono a migliaia, e tutti questi rappresentano ciò che in un tessuto onesto e lavorativo sarebbe il bacino della “professione di musicista”. Ma tutti questi professionisti non vengono pagati!!! Nel senso che ciò che portano a casa è di una miseria talmente piccola da non poter costituire un reddito, e nemmeno un rimborso spese. A parte le orchestre stabili, i conservatori e alcune grandi scuole (enti destinati a diminuire drasticamente nel prossimo futuro), in nessun’altra situazione il musicista è remunerato su di una base che possa essere definita un “reddito” vero e proprio.

Un insegnante di scuola civica riesce a tirare a casa una cifra che va dai 10 ai 20 Euro netti l’ora, escluse le sue spese. Nelle migliori delle ipotesi riesce ad ottenere una media di 40 ore mensili di insegnamento per 8 mesi (la media è d’obbligo perché ci sono festività, ponti ecc. ecc.). Voglio essere ottimista e considero una paga oraria media di 17 Euro nette l’ora; moltiplico prima per le quaranta ore mensili e poi per gli otto mesi. 5440 Euro l’anno: questo è un reddito?

Sia ben chiaro: non è colpa delle scuole, perché a meno che non abbiano finanziamenti particolari i loro bilanci non consentono di pagare diversamente. I costi e le gabelle sono troppe per far quadrare un bilancio che è improbabile in partenza.
Però si potrebbe dire che il musicista può insegnare in più scuole o può arrotondare facendo concerti. Per insegnare in più scuole bisognerebbe che i musicisti in cerca di lavoro non fossero masse immense. La cosa sconvolgente è che in Italia ci sono quasi cento Conservatori ed istituti pareggiati, che ogni hanno continuano a sfornare disperati in cerca di una collocazione. Sono “professionisti” (perché comunque potenzialmente lo sono) a cui non è facile dire “riciclati” in qualcos’altro perché in queste scuole non si insegna altro che la musica con annessi e connessi. Già l’utilizzo di un computer per molti neodiplomati è una difficoltà, vuoi anche per una certa inerzia e diffidenza verso le tecnologie che ancora aleggia fra i muri dei Conservatori (già nel nome il destino…).

I concerti si possono fare, senz’altro. Ma non li pagano! Ripeto forte e chiaro: non li pagano. Se uno va a proporre un concerto ad un assessore alla cultura (un giorno qualcuno mi spiegherà il ruolo e le competenze di questa funzione pubblica) si sente dire: “lei faccia il concerto gratis così si fa curriculum”. In realtà il curriculum se lo fa solo l’assessore che fa apparire come buona amministrazione organizzare eventi culturali senza pagare i professionisti coinvolti. Robe da sfruttamento del lavoro!! Ma è quasi la norma. Solo i grandi comuni pagano, e non sempre. Gli inventori di eventi più scaltri trasformano i saggi delle scuolette sul territorio in concerti. Studenti, spesso minorenni, vengono fatti passare per artisti, naturalmente a costo zero.

Per non parlare poi dei locali dove gruppi e gruppetti suonano e talvolta anche bene. Quanto guadagnano? Un pieno di birra per le tante serate passate in cantina a provare: questo è il loro guadagno medio.

Insomma: ciò che voglio dire è che sarebbe ora che le scuole professionalizzanti dicano chiaramente che in Italia, comunque, la professione di musicista non è considerata meritoria di vera dignità. E che perciò sarebbe assai utile che a fianco degli studi musicali i giovani facessero anche altri studi.
C’è una legge di riforma pazzesca che impedirebbe ad uno studente avanzato di conservatorio di frequentare un altro corso di laurea. Credo che in pochi abbiano il coraggio di imporla.

Nel rispetto di chi dovrà formare il tessuto della società a venire, quando è in gioco il futuro dei giovani l’ipocrisia deve essere bandita, totalmente.

Qualcuno la pensa diversamente da come ho qui detto? I commenti sono aperti!

Gremus

Gremus
La passione per la Grande Musica,
online dal 2007.