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Paura della genetica?

Chiacchieravo dei figli con il mio amico medico. Sua figlia ha 17 anni, è una bella ragazza, tennista professionista, studentessa con ottimi risultati, nell'età dei primi amori. I genitori tendono sempre e comunque a voler trovare difetti ai propri figli: succede anche ai medici. E mentre si lamentava del "caratterino" della figlia o di quella lieve timidezza che ogni tanto saltava fuori nei match tennistici più importanti disse perentoriamente: "mi infastidisce il vedere nei difetti di mia figlia il perfetto ritratto di mia suocera".

"Che c'entra - dissi io - vede la nonna una volta ogni sei mesi!
"No, è una questione genetica - rispose lui, e da buon medico cominciò a farmi l'anamnesi comportamentale di figlia e suocera.
"Vabbe', ma c'è l'ambiente, l'educazione, la famiglia, la scuola - dissi io.
"Balle - rispose lui. La genetica è l'80 per cento di ogni individuo; l'ambiente non più del 20.

Quell'80 su 20 mi è girato per la testa per qualche giorno. Non riuscivo ad accettare una proporzione così radicalmente deterministica. Posta così la faccenda significava dare un calcio all'educazione, all'ambiente famigliare e al concetto stesso di famiglia, alla psicologia ed alla psicoterapia, ma anche al pensiero filosofico, religioso, a tutto insomma. Se l'uomo fosse legato ad un destino genetico così rilevante allora tanto vale cercare di capirsi, di migliorarsi, persino di curarsi. Yoga, training, autocontrollo, curarsi da dentro, integrità, moralismo, educazione, famiglia: tutte balle. I nostri geni, se controllano l'80 per cento di noi stessi, faranno di noi tutto ciò che vogliono, fino all'ultimo giorno.

In due mesi ho letto tutto ciò che ho potuto sull'argomento: libri e articoli di genetica, sul genoma, sul determinismo genetico e quello ambientale. L'intenzione era smentire quella proporzione 80 genetica, 20 ambiente.
Impresa difficile perché io non sono medico ma un semplice umanista. Di tutto ciò che ho letto ho capito l'80 per cento (guarda caso). Ma il risultato di tutte quelle letture è stato per me rivoluzionario. Potrei smentire la proporzione 80 su 20, ma potrei anche ammettere che il mio amico medico avesse ragione. L'eredità genetica è poderosa, ma altrettanto poderoso è il nostro cervello.

L'antichissima diatriba fra determinismo e il libero arbitrio trova oggi sostanza scientifica sulla quale continuare a rinnovarsi. Da una parte il DNA, il genoma e il patrimonio genetico: un immenso libro di informazioni che determinano i nostri tratti somatici, le nostre virtù fisiche, le nostre debolezze, ma anche, e questo mi ha davvero sorpreso, il nostro comportamento. L'intelligenza (espressa in quoziente intellettivo) segue una disposizione genetica; la personalità ha una stretta relazione con un gene del cromosoma 11; persino lo stress parrebbe fortemente influenzato dal gene CYP17 sul cromosoma 10, il gene che sintetizza l'enzima capace di trasformare il colesterolo in ormoni fortemente implicati nella nostra vita sociale e sessuale.

Dall'altra parte le recentissime scoperte sul genoma umano hanno rilevato molti "se" e molti "ma". In pratica il genoma è talmente ampio da non poter ricostruire delle evidenti mappe causa/effetto. Ognuno di noi porta con se un patrimonio genetico vastissimo, ma non tutti questi geni sono attivati nella nostra esistenza, e non tutti sono blindati, cioè protetti da mutazioni. Il nostro cervello e il nostro intero corpo, possono indurre attivazioni o disattivazioni geniche. E l'ambiente contribuisce a quest'opera di adattamento del nostro essere genetico, nel bene e nel male.

Una cosa è certa ed è la più imponente rivelazione che ho tratto da tutte le letture: la genetica è il futuro della medicina e ostacolarla a priori significa compiere uno dei più gravi delitti alla scienza che siano mai stati perpetrati.

Il grande problema che pongono gli avversari della ricerca genetica è quello etico. In effetti, accettare che le proporzioni fra genetica e ambiente siano davvero in misura 80 su 20, significherebbe dare manforte ai sostenitori delle pratiche eugenetiche. La storia documenta bizzarrie e scelleratezze eugenetiche attuate ben prima che la genetica entrasse nel vivo del DNA.
Le campagne di sterilizzazione dei cosiddetti oligofrenici (criminali, alcolisti, epilettici e ritardati) si mischiarono a ragioni xenofobe, e le vittime di quelle aberranti politiche non furono poche. Tra il 1910 e il 1935, nei soli Stati Uniti delle libertà illuministe furono sterilizzate più di centomila persone. Sessantamila in Svezia per poi ricordare le atrocità della Germania nazista che sterilizzò più di quattrocentomila persone.

L'errore sta però nel confondere l'eugenetica con la Genetica: la prima è applicazione strumentale della seconda e se si vuole stare a vedere, tra lo sterilizzare una persona perché si pensa possa tramandare geneticamente un aspetto negativo dell'essere, e uccidere quella stessa persona per varie ragioni legate al razzismo finanche ideologico, non è che ci sia molta differenza: ambedue sono forme di violenza istituzionalizzata.

Anche l'aborto terapeutico è per molti una forma di eugenetica contro la vita. E qui il discorso si fa complesso, e confesso di non poter esprimere una idea chiara sull'argomento.
In un passato non troppo lontano, quando la medicina e la chirurgia erano poco più che vaghe, il destino di chi nasceva con menomazioni genetiche era segnato ed ineluttabile. Ma anche senza tirare in ballo il meccanismo di autoselezione genetica, che impediva ad individui portatori di malformazioni genetiche di arrivare alla procreazione, ci pensava la società a sopprimere queste sfortunate vite. Non dimentichiamo che la più praticata delle selezioni eugenetiche, basata sulla più evidente caratteristica genetica cioè il sesso, ha trovato una diffusione gigantesca e qui e là è praticata tuttora. Quante figlie femmine non hanno visto il loro secondo giorno di vita?

Ma tornando all'aborto terapeutico, non si può negare che davanti al verdetto di amniocentesi in cui si scopre che il cromosoma 21 ha tre copie invece che due (sindrome di Down), molti genitori si ritrovino davanti ad una scelta davvero complicata.
I difensori della vita non hanno alcun dubbio: anche un individuo Down ha diritto di vivere. E non mi sento di dar loro torto. Ma al contempo non approvo quel sentimento intimidatorio se non inquisitorio che gli stessi difensori oppongono a chi decide di fare una scelta ancorché drammatica.
Oltre alla sindrome di Down oggi la genetica può predire molte altre tragiche condizioni fortemente invalidanti (mi riferisco a quelle che sono davvero tragiche!).
C'è una testimonianza, questa, che, a parte la personale critica della scrittrice contro una realtà specifica, racconta di come poi una famiglia finisca spesso con l'abbandonare la propria creatura invalida, salvandogli la vita ma allontanandola dagli occhi. Però, all'inverso, la scrittrice vive, può raccontare la sua storia, può guardare in faccia l'esistenza.

L'elenco dei pericoli che uno screening genetico può indurre in chi mira a selezionare gli individui invece che ad accoglierli è lungo.
Ma lunghissima è la lista dei benefici che una ricerca genetica libera e poderosa può offrire alla qualità della vita, alla cura di malattie, al miglioramento dell'ambiente partendo dalla profonda conoscenza dell'uomo.

Lo studio del genoma ha evidenziato che il patrimonio genetico può essere influenzato dall'esterno, attraverso delle mutazioni provocate. Terribili malattie ereditarie, come la corea di Huntington, o il morbo di Alzheimer, oppure molte allergie, molte disfunzioni ormonali e, soprattutto, il terribile Cancro, troveranno verosimilmente cura e prevenzione attraverso terapie geniche. Ma queste terapie, per poter essere messe a punto, devono essere sostenute da una ricerca indefessa e senza paletti, una vera ricerca esplorativa e sperimentale.

Qualche giorno fa è stata diffusa la notizia che in un laboratorio inglese verrà creata una "chimera" cioè un embrione che al 99,9 per cento sarà uomo e al 0,1 per cento animale (il genoma dell'uomo si differenzia in modo quasi trascurabile da quello di tutti gli altri esseri viventi della terra, discendendo tutti da un'unica entità monocellulare).

La notizia è stata salutata con soddisfazioni e polemiche insieme, come era prevedibile. Tuttavia se la scienza fosse fermata significherebbe dover riconoscere che quella proporzione 80 genetica, 20 ambiente, è autentica ed ineluttabile, non tanto per la forza della genetica ma per la debolezza dell'ambiente, o meglio della parte dei pensieri umani che fanno l'ambiente.

La paura di conoscere è più forte della speranza. Forse è scritto nei geni!

Gremus

Gremus
La passione per la Grande Musica,
online dal 2007.